Consorzio autostrade, i favori tra funzionari e ditte Tra offerte anomale, varianti generose e assunzioni

Dalla vigilia di Natale ai preparativi per il capodanno, senza soluzione di continuità. Un tour de force che avrebbe retto a cenoni, auguri, regali. Gli ultimi giorni del 2014 per Alfonso Schepisi e Angelo Puccia, i funzionari del Cas indagati per i lavori sulle autostrade, sono stati tutto fuorché rilassanti. I due, infatti, stando agli atti dell’indagine, avrebbero letto e analizzato oltre 1100 pagine relative agli incartamenti degli appalti aggiudicati dall’Ati composta dalla milanese Notari Luigi e dalla messinese Costruzioni Bruno Teodoro, per la messa in sicurezza di due gallerie sulla A20. Lo studio sarebbe stato necessario per appurare la congruità delle offerte presentate dalle imprese, superando così i rilievi della commissione di gara che le aveva valutate «anormalmente basse».

Le verifiche sotto l’albero
Secondo la gip Tiziana Leanza, però, si sarebbe trattato soltanto di una messinscena. Puccia e Schepisi, rispettivamente responsabile unico del procedimento e direttore dei lavori, avrebbero imbastito un iter con l’unico intento di confermare il risultato della gara e riuscire ad aggiudicare l’appalto prima del 31 dicembre, così da non compromettere il finanziamento della Regione nelle opere. «Ho provveduto a consultare diversi colleghi operanti nello stesso ramo, nonché diverse imprese e operatori economici – scrive Schepisi a Puccia il 29 dicembre – dai quali ho avuto conferma e assicurazione che i prezzi unitari offerti per l’appalto in oggetto sono in linea e in perfetta sintonia con il mercato oggi praticato». La versione del direttore dei lavori, però, per la giudice scricchiola. «Non forniva alcuna indicazione in ordine all’identità e professionalità dei soggetti consultati, alla documentazione loro sottoposta, ai dati utilizzati al fine della valutazione comparativa e alle modalità con cui sarebbero stati acquisiti i pareri», si legge nell’ordinanza. Senza contare, sottolinea la gip, che i professionisti avrebbero offerto la propria consulenza «durante le festività natalizie e, per di più, durante giornate festive, ovvero il 25, 26 e 28 dicembre e prefestive (sabato 27 dicembre 2014)».

Carriere parallele: tra scandali, politica e raccomandazioni
Questa è solo una delle accuse rivolte ai funzionari, già noti alle cronache giudiziarie per il coinvolgimento, nel 2017, nello scandalo sugli incentivi elargiti con leggerezza all’interno del Consorzio autostrade siciliane. I due sono uniti anche dalla passione per la politica: Puccia, che è finito ai domiciliari, è attualmente consigliere comunale a Castelbuono (Palermo), mentre negli anni scorsi Schepisi lo è stato a San Piero Patti (Messina). Parallelismi che avrebbero trovato spazio anche nella gestione spregiudicata dei lavori in due delle principali infrastrutture della Sicilia, strade finite tante volte nel mirino delle critiche per le precarie condizioni di sicurezza. In cambio i funzionari avrebbero ottenuto dall’imprenditore Fabrizio Notari assunzioni di persone a loro vicine: due nipoti per Schepisi, mentre Puccia avrebbe trovato lavoro a un professionista già assunto nello studio ingegnerstico della moglie. Un uomo verso cui il funzionario avrebbe riposto tanta fiducia da chiedergli aiuto nel momento in cui c’era da recuperare la documentazione relativa al cantiere e all’appalto. «Non si comprende a quale titolo risultava in possesso della documentazione», osserva la gip.

L’abuso delle varianti
I lavori nelle due gallerie hanno rappresentato per la Notari Luigi e la Costruzioni Bruno Teodoro un affare dal valore complessivo di quasi 20 milioni di euro. Sotto la lente degli inquirenti sono finite però anche le varianti suppletive relative al telecontrollo. Ovvero il sistema che consente di avere informazioni in tempo reale su eventuali problemi di sicurezza all’interno della galleria. Nonostante gli impianti fossero stati previsti nei progetti preliminari, la voce di spesa è sparita nella fase di indizione della gara per carenza di fondi. Un’evenienza a cui il ministero delle Infrastrutture aveva detto che si sarebbe dovuto procedere tramite un progetto di adeguamento, con conseguente successiva gara per l’affidamento del lavoro. Schepisi, in qualità di progettista, e Puccia di Rup avrebbero optato per due varianti.

«In carenza dei presupposti per il ricorso a tale strumento previsti dalla normativa allora vigente», specifica la gip. Il codice degli appalti, infatti, prevede che le varianti possano essere utilizzate soltanto in casi specifici. Fondamentale in tal senso sarebbe il carattere di imprevedibilità dell’evento che ha causato l’esigenza di modificare il progetto. Nella relazione con cui Schepisi giustifica la variante si legge che «dopo il lavaggio a pressione delle superfici della galleria» erano emerse «disomogeneità superficiali e profonde dapprima non evidenziate date le condizioni visive di degrado». Per poi aggiungere che era «in corso di valutazione la possibilità di completare i lavori di messa in sicurezza» con la realizzazione degli impianti di supervisione e controllo. 

Per questi ulteriori lavori erano stati previsti 1,7 milioni di euro da recuperare «attraverso l’accantonamento per imprevisti e mediante l’utilizzazione di una parte delle economie del ribasso d’asta conseguito in sede di gara». Un piano che ancora una volta avrebbe favorito l’Ati aggiudicataria dei lavori, ma che non andò in porto per una serie di ragioni. Tra cui il sollevamento dai rispettivi incarichi dei due funzionari, nel frattempo alle prese con l’indagine sugli incentivi regalati.

Simone Olivelli

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