Clima incandescente al Consiglio comunale di ieri. A confondere le consuetudini dell’aula è una comunicazione del segretario generale della presidenza, Paolo Italia. Di cui non tutti i consiglieri sono a conoscenza. Italia avrebbe richiesto, tra le altre cose, maggiore puntualità ai consiglieri nelle riunioni delle commissioni permanenti che, pare, da adesso si possano aprire solo con il raggiungimento del numero legale minimo. Una decisione, quest’ultima, che farebbe pensare a una misura precauzionale tardiva contro la polemica sulle commissioni sollevata qualche mese fa dal MoVimento 5 stelle catanese di piazza della Guardia. «Se queste sono le nuove indicazioni per le commissioni, non vedo perché non si debba accertare la presenza del numero legale anche in Consiglio», interviene Manlio Messina. La mossa semina il panico nei banchi della giunta, dove la presidente Francesca Raciti si affanna a capire cosa può fare. Uno sforzo al quale, però, non segue un riconoscimento di successo.
«Il regolamento dice che il numero legale si verifica quando si votano i verbali delle sedute precedenti. E mi pare che li votiamo sempre», dichiara Raciti. Che sembra prendere tempo per dare la possibilità agli ultimi ritardatari di varcare la soglia dell’aula consiliare di Palazzo degli elefanti. Una mossa degna di un esponente della maggioranza dinanzi a un colpo basso dell’opposizione che rianima il capogruppo di Articolo 4, Nuccio Lombardo. Anche lui, politico navigato qual è, capisce che in quel momento anche un solo consigliere in più in aula, può fare la differenza. E interviene: «Chiedo la verifica del numero legale per appello nominale». Un’attività che necessità di almeno dieci minuti abbondanti.
I presenti della prima parte della seduta sono 18: Sebastiano Anastasi, Sebastiano Arcidiacono, Giuseppe Catalano, Lombardo, Erika Marco, Giuseppe Musumeci, Francesco Petrina, Raciti, Ersilia Saverino, Carmelo Sgroi, Carmelo Sofia, Massimo Tempio, Francesco Trichini, Agatino Tringale, Beatrice Viscuso, Lanfranco Zappalà, Manlio Messina e Niccolò Notarbartolo. A fare l’appello è la presidente Raciti, che decreta la mancanza del numero minimo dei presenti e sospende la seduta per un’ora. Alla ripresa dei lavori, a interessarsi dell’accaduto sono Arcidiacono e Notarbartolo, che entrano nel merito della vicenda. «La seduta diventa valida non appena raggiunto il numero legale accertato mediante appello nominale del segretario generale», legge l’articolo 13 dello Statuto Notarbartolo. «Forse avremmo dovuto aspettare prima di sospendere, così che la seduta diventasse legale?», continua il consigliere del Pd. Che paventa il rischio che la riunione non sia valida, insieme alla decisione di sospenderla e riconvocarla un’ora dopo. «La sospensione è stata nel rispetto delle regole», afferma il vicepresidente Arcidiacono. La presidente Raciti nel frattempo è ancora perplessa.
Alla ripresa dei lavori, tra chi è andato via e non è più tornato e chi, invece, ha pensato di prendere la presenza – al netto di chi è rimasto per tutte le due ore e mezza – ci sono 25 consiglieri. Fuori Anastasi, Catalano, Manlio Messina, Musumeci, Petrina, Sofia, Tringale, Viscuso e Zappalà, entrano in aula: Andrea Barresi, Daniele Bottino, Giuseppe Castiglione, Mario Crocitti, Giovanni D’Avola, Rosario Gelsomino, Agatino Lanzafame, Antonino Manara, Giovanni Marletta, Maria Mastrandrea, Alessandro Messina, Alessandro Porto, Elena Ragusa, Salvo Spadaro, Elisabetta Vanin e Antonino Vullo. Giusto il tempo di quattro comunicazioni e un ordine del giorno che, alla votazione dei verbali delle sedute precedenti, i presenti scendono a 20. Un numero insufficiente all’approvazione dell’atto. «Mi pare che i verbali li votiamo sempre», aveva detto un’utopica Raciti due ore e mezza ora prima.
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