Se tutto andrà come preventivato, il sindaco Salvo Pogliese potrà legittimamente brindare. Anche perché dall’elezione – fissata per la seduta d’insediamento di oggi alle 10 – del prossimo presidente del consiglio comunale di Catania, a quel punto, sarà arrivata una conferma politica rinfrancante: restare fermi sui patti pre-elettorali, come finora fatto, paga. La strada che può portare sullo scranno più alto dell’aula il lombardiano Giuseppe Castiglione, infatti, è già stata durante l’assemblaggio del centrodestra che ha portato il leader locale di Forza Italia alla vittoria del 10 giugno. La presidenza, si dissero stringendosi la mano gli alleati, sarebbe andata al primo partito subito dopo FI e le due liste civiche legate al primo cittadino, Pogliese sindaco e In campo. Le urne hanno assegnato la palma all’ex governatore Raffaele Lombardo, uscito rafforzato dalle scorse Comunali grazie all’exploit della lista Grande Catania. Castiglione, figlio dell’ex assessore Santo e già consigliere per cinque anni, è stato il più votato fra gli autonomisti e così la scelta del gruppo, al netto delle legittime aspirazioni di un altro rieletto d’esperienza, Seby Anastasi, è caduta su di lui.
A Pogliese, allora, il compito di farla digerire al resto di una coalizione nel cui alveo, però, già da settimane erano emerse alternative. In prima linea, già a giugno, si era collocato un altro riconfermato, l’ex autonomista Andrea Barresi, il consigliere più votato del centrodestra, eletto nella civica In campo con Pogliese. Le sue aspirazioni non avrebbero trovato, tuttavia, le giuste sponde fra gli altri 22 componenti della maggioranza. Più forte è sembrata l’ipotesi Manfredi Zammataro: l’ex consigliere de La Destra, rieletto in quota Diventerà bellissima, avrebbe forse avuto dalla sua anche i tre colleghi Franco Saglimbene, Sara Pettinato e Gaetano Russo di Fratelli d’Italia, con l’ok esterno del leader Manlio Messina. La base del gruppo del governatore Nello Musumeci, inoltre, non si sentirebbe pienamente rappresentata, in giunta, dal vicesindaco e tecnico d’area Roberto Bonaccorsi e parrebbe sognare qualcosa in più. Eppure, nelle ultime ore, nessuno si sarebbe sentito di pigiare sull’acceleratore, decisione gradita anche al senatore Raffaele Stancanelli, per scongiurare potenziali rotture degli equilibri che, ad oggi, tutti rifuggono.
Il resto delle inquietudini, nel centrodestra, restano criptate, ma riguarderebbero perlopiù i neo-consiglieri non allineati ai partiti, con più esperienza alle spalle e più voti alle urne. Il malumore esiste, giura qualcuno a microfono spento, tanto da spingersi a ipotizzare che in realtà «l’elezione possa saltare». Chi invece alza già il tiro a viso aperto è l’opposizione, in cerca di appigli per tentare di non far decidere da sola la maggioranza anche sulla sorte delle due vicepresidenze da votare oggi. Il Movimento 5 stelle conta su sei consiglieri, il gruppo più numeroso finora, e proporrà l’ex candidato sindaco Giovanni Grasso per la vicepresidenza che spetta alle minoranze, mentre quella vicaria sarà una partita tutta del centrodestra. «Ho sentito il sindaco quando è stato approvato in Parlamento l’emendamento salva-Catania sul dissesto – dice a MeridioNews – e ci sarebbe piaciuto continuare a parlare così da assicurare al partito più votato il giusto spazio istituzionale, ma così non è stato». I grillini, così, si affidano interamente al segreto dell’urna per centrare il risultato. «Non è un bel segnale – attacca Grasso – nel momento in cui, tra l’altro, si cerca il dialogo con il governo Conte per scongiurare quel dissesto che anche noi non vogliamo».
Altri tentativi d’incursione, infine, probabile che arrivino dal centrosinistra, sette consiglieri più o meno civici in tutto. L’ex sindaco Enzo Bianco sembra volersi ritagliare un ruolo di consigliere padre nobile dell’opposizione che dovrebbe, condizionale d’obbligo, riflettere le istanze del Pd. A provare la sortita per la vicepresidenza, così, ci sarebbero il riconfermato e molto attivo nella ricerca di sponde Lanfranco Zappalà, l’ex Megafono Daniele Bottino – che già avrebbe trattato, prima del voto, il suo passaggio nel centrodestra, area FI, in cambio della presidenza dell’aula – e l’ex assessore Salvo Di Salvo.
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