Concorso Agenzia entrate, fregati dai tempi stretti La metà dei candidati riammessi è rimasta a casa

«Tra 12 ore puoi presentarti a Roma per la seconda prova del concorso dell’Agenzia delle entrate». Mercoledì sera i 300 partecipanti che avevano presentato ricorso – tra cui più di cento siciliani – dopo essere stati bocciati alla prima fase, hanno ricevuto questa comunicazione. Sono stati gli avvocati a telefonare e inviare messaggi ai propri assistiti per annunciare la buona notizia: il Consiglio di Stato, con un provvedimento cautelativo d’urgenza, ha dato via libera ai ricorsisti per prendere parte al secondo test. Solo che oltre la metà non è riuscita a organizzarsi in una notte per raggiungere la Fiera di Roma, sede dell’esame. 

«Io non sono andata – racconta Elisa – avrei potuto prendere la macchina, farmi sei ore almeno di strada e sostenere la prova o prendere un treno e viaggiare tutta la notte. Ma ho pensato che sostenere una prova così complessa senza aver chiuso occhio non aveva senso e lavorando non ho avuto il tempo di chiedere un permesso per assentarmi». Stessa sorte per Daniela, altra candidata respinta e poi riammessa, che è stata avvisata dall’avvocato palermitano Francesco Leone alle 23 di martedì. «A quel punto, era praticamente impossibile che mi potessi presentare il giorno dopo alle 8.30. Impedimento – aggiunge – che ha riguardato soprattutto che risiede nelle Isole maggiori: ancora una volta una questione meridionale». Mariangela vive ad Agrigento e lì è rimasta anche dopo la lieta notizia della riammissione: «Una pronuncia data in un arco temporale così ristretto non ha fatto altro che danneggiare una parte, pur avendo avuto tutti lo stesso provvedimento. Abbiamo perso 200 euro e la possibilità di conquistare una chance per il nostro futuro». I legali hanno annunciato di presentare una richiesta per far svolgere la seconda prova in una data diversa a chi è stato autorizzato dal Consiglio di stato ma non ha fatto in tempo a raggiungere Roma. 

Alcune di queste storie sono raccontate nel gruppo Facebook Agenzia delle Entrate – Manuale di sopravvivenza che conta oltre 1.600 membri e «ha l’unico obiettivo di far conoscere a tutti i partecipanti al concorso quali sono le principali illegittimità che potrebbero verificarsi durante la procedura selettiva e le contromisure che ogni candidato può mettere in campo per non subire un torto». Tra loro c’è anche Angelo Leto, licatese, laureato in Giurisprudenza a Torino e specializzato, che ha partecipato alla prima fase del concorso, ma è stato respinto perché la sua performance non rispondeva a uno dei due requisiti di idoneità. Infatti, per poter accedere alla seconda fase, il candidato doveva totalizzare un punteggio uguale o superiore a 24, e corrispondente al quintuplo del numero dei posti previsti per la regione dove si presentava. «Ciò che viene ripetutamente violato – spiega – è il Testo Unico sui concorsi pubblici, segnatamente nell’articolo due, dove, ad esempio, si danno disposizioni circa la consegna dell’elaborato (di solito in busta chiusa) o il punteggio minimo (di norma 21). Peraltro, il Consiglio di Stato aveva già avuto modo di esprimersi su quest’ultima questione, confermando il dettato normativo ed invalidando le prove che si svolgono in maniera difforme». Ecco perché Leto, uno di quelli che non è riuscito a presentarsi per tempo a Roma, spera che al provvedimento cautelare si aggiunga una decisione nel merito che porti all’annullamento dell’intero esame.

In attesa, elenca le spese sostenute per arrivare al traguardo. «La retta universitaria – fa i conti Leto – è costata complessivamente 7mila 500 euro, esattamente quanto i due anni della scuola di specializzazione. Se a ciò aggiungiamo 150 euro di biglietti aerei, 80 di hotel e 100 per pranzi e cene. Più 200 euro per il ricorso curato dall’avvocato Leone». In totale l’investimento che deve sobbarcarsi un giovane per provare a lavorare nel pubblico può arrivare a 15mila 630 euro.

Gino Pira

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