«Non c’eravate, nella mia vita», scrive riferendosi ai suoi figli, Arianna e Giovanni. Questa la ragione che ha spinto Mariano Campo – giornalista, responsabile stampa dell’università di Catania e direttore di radio Zammù – a cimentarsi con il suo primo libro, Con l’inchiostro dei vostri occhi. Un lavoro letterario che, in realtà, parte da lontano. «Si tratta di una raccolta di racconti – spiega l’autore – che traggono spunto da episodi autobiografici». Piccole storie autoconclusive, «scritte in diversi contesti temporali e ambientali che costituiscono una sorta di ritratto non integrale né fedelissimo». Un racconto di sé anomalo, «un autoritratto cubista – lo definisce – Come delle foto scattate in momenti diversi e messe assieme che però raccolgono quelle che sono idee, valori, percorsi, incontri».
«L’ho fatto con molta ritrosia – confessa Mariano Campo – Il fatto che siano autobiografici, però, nel caso di chi non mi conosce perde la sua importanza. Vale come storia: mi piace, non mi piace, mi trasmette qualcosa». Dopo la pubblicazione e il debutto ufficiale in pubblico – il prossimo incontro si terrà all’ex monastero dei Benedettini venerdì 27 – «le prime reazioni mi hanno fortemente incoraggiato – spiega – Tante persone che si stanno approcciando a questo libro rimangono colpite da certi racconti o da altri. A me fa piacere: ciascuno di essi ha una potenzialità».
Un filo comune lega tutte le storie: dal pescatore di perle, ai cacciatori di balene, passando per la marcia d’autunno, tutti i racconti hanno nel concetto di attesa un elemento importante. «È qualcosa che mi sono reso conto di aver inserito inconsapevolmente», ammette Mariano Campo. Più in fondo, però, c’è la voglia di rivelarsi ai propri figli. «Mi scopriranno da adolescente, da innamorato, da figlio orfano». Un tema fondamentale, infatti, è il ricordo del padre Giovanni – docente di Ingegneria, ex senatore, tra i creatori del Centro d’iniziative e studi per la prevenzione antisismica – scomparso nel 2006. «C’è una riflessione sul significato della paternità: mi rivolgo ai miei figli con l’innocenza di un padre che sta imparando, ma che si rivolge al proprio papà, chiedendo ancora di fare ancora il figlio».
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