di Pietro Ancona
Oggi anniversario della strage di Capaci. Ieri sera TG1 ha trasmesso un film che ricostruisce in modo coinvolgente la tragica parabola del magistrato, della moglie e dei tre agenti della scorta ed ha rievocato la morte dell’agente di Polizia, Calogero Zucchetto, e di Ninnì Cassarà ucciso sotto gli occhi della moglie e della figlioletta.
Nel film viene richiamata pure la morte di coloro che io considero pionieri della lotta senza quartiere alla mafia: il giudice Rocco Chinnici ed il giudice Gaetano Costa.
La lotta alla mafia è stata una lunga striscia di sangue in cui hanno perso la vita magistrati e poliziotti, investigatori o di scorta per affermare il primato della legge e dello Stato su quello della criminalità.
Ad un certo punto nella fiction Borsellino chiede sconsolato a Falcone se ne vale davvero la pena, se è giusto vivere come morti viventi. Naturalmente la risposta che si danno è che continuano ad andare avanti con il loro impegno.
Ne vale la pena? Questo Stato vale il sacrificio di vite umane che c’è stato? Dentro questo Stato è cambiato qualcosa?
Oggi credo che la lotta alla mafia sia arrivata ad un capolinea con il pronunciamento della Corte Costituzionale, voluto dal presidente della Repubblica, Napolitano. E con il tentativo di Antonio Ingroia di proseguire in Parlamento la lotta alla Mafia-Stato, tentativo che si è concluso con lisolamento e la sconfitta di Ingoia, confinato ad Aosta.
Se Falcone non fosse stato ucciso sarebbe stato trattato come Ingroia. Isolato, sbeffeggiato dal Crozza-giullare del Regime, accusato di protagonismo. Anche Falcone, ad un certo punto, come Ingroia, capì che doveva tentare una via diversa di lotta alla mafia ed accettò la proposta dellallora Ministro della Giustizia, Claudio Martelli, di trasferirsi al Ministero e mettere in piedi la Procura Nazionale Antimafia.
Non credo proprio che Ingroia abbia fatto più interviste di quanto ne ha fatto Falcone. Eppure è stato calunniato senza sosta come persona malata di protagonismo.
Comunque, nonostante la manifestazione di oggi, la lotta alla mafia credo che si possa considerare conclusa con questo quadro politico e con l’alleanza di governo PDL-PD.
Gli studenti che con due navi arrivano a Palermo e si raccolgono sotto l’albero di Falcone forse soltanto quando saranno adulti assisteranno ad una ripresa dellimpegno che fu di Falcone e di tanti altri valorosi servitori dello Stato nella lotta alla mafia. Per ora ci dovremmo acconciare ad andare al voto con una legge mafiosa che assegna oltre la metà del Parlamento al partito che prende più voti, senza alcun rispetto della democrazia.
Provenzano fu latitante per 43 anni. Il suo successore, Matteo Messina Denaro, è latitante non so da quanti anni. Come per Provenzano, non esiste una sua foto recente. Quando sarà catturato sapremo se esiste ancora un impegno a combattere la mafia. Allo stato possiamo dire che l’Italia è forse l’unico Paese al mondo in cui i capi della criminalità organizzata hanno lunghissime latitanze e continuano dalla clandestinità a gestire i loro sporchi affari.
Credo che la latitanza di Messina Denaro possa essere considerata la prova regina di un rapporto Stato-Mafia che va estirpato. Se la mafia è assenza di democrazia e di libertà, l’Italia di oggi è un Paese mafioso che si accinge con “riforme” concertate tra i maggiori partiti a diventarlo ancora di più.
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