Il tempo per il Comune di Catania sta per scadere, ma le polemiche tornano più aspre che mai. Mentre si avvicina il voto in consiglio comunale per la procedura di accesso al fondo di rotazione che dovrebbe salvare la città dal dissesto, opposizioni e sindacati ricordano come in realtà a cambiare non sarà nulla. «Il tanto auspicato fondo di rotazione, cui lamministrazione Stancanelli vuole accedere, indebiterà di 540 milioni di euro la città per i prossimi dieci anni e produrrà di fatto un commissariamento del Comune ad opera della Corte dei Conti», scrive la Uil in una nota. Il futuro delle casse comunali non si chiamerà quindi dissesto ma, dati alla mano, i suoi effetti saranno del tutto uguali. In aula intanto si aspetta il piano di risanamento messo a punto dall’amministrazione, la cui scadenza è agli sgoccioli: il conto alla rovescia, lungo 45 giorni, è infatti partito i primi giorni di dicembre. Una volta presentato il progetto, il Consiglio avrà altri 15 giorni per discuterlo e votarlo.
Comunque vada, «a nivi si squagghiau», era stata la profezia, affidata a un detto siciliano, fatta a suo tempo dal capogruppo del Partito Democratico Saro DAgata per indicare di fatto il tracollo finanziario della città. «Questa manovra antidissesto abbatterà sui cittadini gli stessi, nefasti effetti di un dissesto», continua oggi la Uil nella nota a firma del segretario generale Stefano Passarello, insieme ai colleghi Tommaso DAmico e Luigi Maugeri. «Il fondo di rotazione spiegano i sindacalisti indebiterà una generazione di catanesi, mentre sarà imposta ai cittadini la più alta aliquota consentita dalla legge per l’aliquota Imu e altre tasse e tariffe. Esattamente, come in caso di dissesto». E non andrà meglio ai lavoratori comunali, ridotti all’osso, «con effetti sulla già degradata qualità della vita, che si misura giornalmente nella minore cura del patrimonio pubblico nel suo complesso e la progressiva contrazione di investimenti».
Già oggi, fa sapere il sindacato, i lavoratori precari del Comune vedono ridotto di 24 ore settimanali il proprio impiego che si traduce nel 30 per cento in meno di stipendio a fine mese. E non va meglio agli stabilizzati, a cui gli straordinari non vengono pagati da mesi, né ai creditori, che continuano ad aspettare anni di debiti mai pagati dall’amministrazione. Tutto questo, «assieme al blocco del turn-over con la prevista riduzione di mille dipendenti in un decennio denunciano dal sindacato – rischia di compromettere definitivamente la già ridotta efficienza dellente che oggi soffre per la mancanza di una programmazione, di un progetto organico e di investimento sulle risorse umane».
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