Se la campagna elettorale di Cateno De Luca è cominciata lunedì 11 giugno, quella di Dino Bramanti è decollata con qualche giorno di ritardo. Ha metabolizzato il risultato elettorale che gli ha assicurato poco meno del 30 per cento delle preferenze, prima di ripresentarsi. E a quanti lo invitavano a cambiare il modo di fare campagna elettorale ha risposto che non intende «snaturare se stesso». Queste ultime due settimane hanno visto i due candidati controbattere tono su tono, punto su punto ogni affermazione o proposta dell’avversario. Con un solo stop, venerdì scorso, dopo la notizia della morte dei fratellini Messina, tragicamente scomparsi durante il rogo del loro appartamento in via dei Mille.
De Luca, come promesso dopo le tre assemblee che si sono svolte in altrettante piazze, per fare decidere alla gente se apparentarsi o meno, ha ripreso il tour nei villaggi. Da qui ha lanciato i suoi strali contro il candidato del centrodestra accusato di essere un «pupo» i cui fili sarebbero mossi dall’ex parlamentare Francantonio Genovese. «Chi dice che io sono un burattino nelle mani di chiunque, mente ed è un bugiardo, un uomo senza verità – ha replicato Bramanti -. A 68 anni non cambio carattere e valori per vincere l’ultima battaglia prima della mia pensione». Con De Luca che, pur avendo abbassato i toni rispetto alle settimane che hanno preceduto il primo turno, ha affondato: «Ridicolo e al tempo stesso penoso il tentativo di scaricare l’onorevole Genovese da parte di Bramanti. Ricordiamo ai più distratti che Genovese è colui che ha imposto Bramanti come candidato sindaco e ha sostenuto con tre liste, finanziando direttamente e indirettamente la sua campagna elettorale e mettendogli persino accanto il fidato Mario Bonsignore. La verità – ha proseguito De Luca – è che il candidato scelto da Genovese padre, Genovese figlio, Germanà e altri rappresenta solo quel gruppo di potere che da decenni assoggetta la città ai suoi esclusivi e immorali interessi».
Altro tema caldo su cui i due candidati si sono confrontati è il futuro dell’Acr Messina. «Sosterrò i giallorossi anche dopo il voto», ha assicurato Bramanti che punta al ripescaggio in serie C e al rilancio degli stadi Celeste e San Filippo. Il candidato sindaco ha inoltre parlato di una cordata di imprenditori che lo sosterrebbero nel caso in cui diventasse sindaco di Messina. Una mossa che è stata aspramente criticata da De Luca, anche perché lo stesso patron giallorosso del Messina, Pietro Sciotto, ha rimandato ogni comunicazione sulla possibilità di cedere la società calcistica a dopo le elezioni. «Ma dov’erano prima questi imprenditori?», ha chiesto De Luca, tranquillizzando i tifosi sull’attenzione che darà alla squadra di calcio cittadina nel caso venisse eletto sindaco.
Ad accomunare i due contendenti è stata invece la ricerca degli esclusi, che in questo ballottaggio faranno la differenza. Si tratta di un piccolo esercito fatto di candidati che hanno raccolto anche seicento preferenze e che sono rimasti fuori perché magari la propria lista non ha raggiunto il quorum del cinque per cento. Chi è abituato a far politica non vuol restare fuori dalla scena e così sono cominciati subito i corteggiamenti. Anche perché gli scenari che si disegnerebbero in caso di vittoria dell’uno o dell’altro candidato sono profondamente diversi. Fatto che non è sfuggito a chi guarda in maniera più che interessata al voto di domenica.
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