Hanno ricadute immediate le dichiarazioni del presidente della commissione nazionale Antimafia Nicola Morra, che a Roma poche ore fa ha letto gli esiti dell’indagine dell’organo parlamentare sui nomi dei candidati per le Amministrative del prossimo 10 e 11 ottobre in Sicilia. Dei due candidati ritenuti impresentabili dalla commissione, l’aspirante sindaco di Mistretta (Messina) Sebastiano Sarzarello e il concorrente alla carica di consigliere del Comune di Pachino (Siracusa) Sebastiano Malandrino, uno annuncia che proseguirà il suo cammino elettorale, spiegando i motivi della propria candidabilità, l’altro è stato escluso dalla competizione dalla sua stessa coalizione.
Il nome di Malandrino, sul capo del quale peserebbe una condanna per possesso di droga e un procedimento ancora in corso per spaccio, secondo quanto appurato dall’Antimafia, sarà comunque in lista, tra le fila di Progetto Pachino, ma tutti intorno a lui prendono le distanze. «L’ho appena saputo e noi lo escludiamo categoricamente dalla competizione – dice con decisione la candidata sindaca Carmela Petralito, raggiunta al telefono da MeridioNews – Ripeto, lo escludiamo categoricamente e invitiamo anche i cittadini a non votarlo. Abbiamo vagliato tutte le autocertificazioni che sono state presentate e la sua, come le altre, attestava che non aveva carichi pendenti o condanne, quindi ha dichiarato il falso anche a noi», aggiunge l’aspirante prima cittadina.
Discorso diverso per Sanzarello, che in una dichiarazione rilasciata all’agenzia di stampa Ansa nega la propria impresentabilità. Politico di lungo corso, già assessore provinciale a Messina e assessore alla Sanità della giunta regionale guidata da Angelo Capodicasa, Sanzarello è stato condannato in primo grado per tangenti nel 2004, reato che tuttavia sarebbe stato prescritto nel 2018, secondo lo stesso candidato, su cui ancora pesa un procedimento in corso. «La mia è una vicenda paradossale – dice il candidato – che comincia ben 21 anni fa e, in parte, si è già conclusa positivamente. C’è ancora in piedi un troncone di quella vicenda nella quale sono accusato di concussione e che risale agli anni tra il 1999 e il 2004 quando ero deputato regionale, ma quando andrà in giudizio sarà ampiamente prescritta. I tempi della giustizia sono troppo lunghi e questo danneggia chi non ha niente da temere».
E ancora: «Nel mio casellario giudiziario, che ho avuto neanche una settimana fa, non risulta nulla – conclude – Auspico presto che anche questa vicenda rimasta in piedi dopo le dichiarazioni di un presunto pentito che affermava di aver dato soldi alla mia segreteria politica si possa chiarire definitivamente».
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