Politica

Comunali Catania, la scommessa di Gabriele Savoca: «Trasformare la rassegnazione dei catanesi in indignazione»

Alza la voce quando serve, provoca per sottolineare un concetto, è determinato. Lo hanno chiamato Baby Scateno e di certo da Cateno De Luca sta imparando tanto Gabriele Savoca, 31 anni, avvocato, il più giovane candidato a sindaco alle prossime elezioni comunali di Catania. In corsa con due liste – quella del partito Sud chiama nord e una civica con il cognome di De Luca -, continuano con Savoca – in ordine alfabetico, con l’eccezione di Vincenzo Drago che non ha risposto al nostro invito – le interviste di MeridioNews ai possibili nuovi primi cittadini etnei.
– Guarda o leggi le interviste agli altri candidati

Come a tutti i candidati, abbiamo chiesto di scegliere un luogo dove incontrarci che fosse rappresentativo della propria idea di Catania. Lei ha scelto piazza Manganelli, una ferita del centro storico. Perché?
«Non è la piazza che vorrei, ma è certamente una delle più belle di Catania. È una piazza storica, che però da parecchio tempo è diventata un parcheggio in mano ai parcheggiatori abusivi e quindi alla piaga dell’estorsione che i cittadini devono subire ogni giorno. Questa, per me, è una piazza importante perché ci ho anche lavorato per un periodo e dove oggi ho deciso di aprire il mio comitato elettorale».

Lei è il candidato più giovane e rappresenta anche un movimento alla sua prima prova nella città di Catania, quello che fa riferimento a Cateno De Luca. Come mai questa scelta?
«È stata una proposta di Cateno e una scommessa che lui ha voluto fare sulla città: quella di investire su nuovi volti, persone giovani e competenti. Rispetto al mantra, spesso sentito in politica, di dare spazio ai giovani che sono il futuro, oggi Cateno con la mia discesa in campo ha deciso di stabilire che i giovani sono il presente. E non è corretto pensare che a 31 anni un giovane professionista sia troppo giovane per rappresentare i cittadini perché, se pensiamo all’Europa, un uomo di 31 anni è già manager di grandi aziende o al vertice delle pubbliche amministrazioni. Non vedo quindi perché non possa essere così anche a Catania».

Le chiederei di indicare il primo problema, quello principale di Catania in questo momento secondo lei.
«I rifiuti, ce l’hanno detto i catanesi. Fare la differenziata come si sta facendo a Catania in questo momento è stata una scelta affrettata e sbagliata. È impensabile che i cittadini si debbano trovare all’uscita di casa ogni mattina i sacchetti che hanno messo fuori la sera; è impensabile che si faccia il porta a porta in una città così grande. Certo, è necessario fare la differenziata, ma riteniamo che sia stato fatto troppo in fretta senza un’adeguata formazione ai cittadini per spiegare anche come farla. Riteniamo pure che, se necessario, bisognerebbe reintrodurre i cassonetti, pensiamo a quelli a scomparsa di modello olandese e magari con le tessere elettroniche, perché non è possibile avere la spazzatura per strada o appesa ai balconi. L’anno scorso c’erano i turisti che facevano i selfie con la spazzatura invece che con il Liotro…».

Catania al momento è sporca e degradata, con un livello di inciviltà generale dalle piccole alle grandi cose. Come si fa a intervenire su un tema così ampio?
«Il problema è che la gente pensa che oramai questa città sia finita e ognuno crede di potere fare come vuole. C’è un problema di carenza di personale, per esempio nei vigili urbani, e difficoltà nelle assunzioni a causa del loro blocco. Intervenire significa andare a Roma e chiedere un aiuto, iniziare un tavolo tecnico serio con il questore e con il prefetto perché non possiamo più sentirci dire che non c’è la benzina per le macchine della polizia. Esiste anche un’emergenza di baby gang criminali, soprattutto nel weekend. È necessario un aiuto del sindaco per far sì che la gente ritrovi fiducia nelle istituzioni e abbondoni quel senso di rassegnazione che invece è ormai tipico dei catanesi da diversi anni».

Le baby gang chiamano il tema della movida che è diventata selvaggia. Una volta era punto di vanto di Catania, insieme alla scena culturale e musicale. Adesso sembra che non sia rimasto molto. Come facciamo ad attirare visitatori e turisti se non abbiamo un’offerta?
«La movida e il turismo sono fondamentali. Stiamo reggendo grazie alla posizione di questa fantastica città che io considero la più bella, tanto da scegliere di tornarci a vivere. Il sindaco dovrà trovare un modo per portare le imprese a investire e a far sì che siano sempre di più, perché è evidente che, se mancano servizi, gli investimenti non arriveranno mai».

Se le chiedessi di riassumere il suo programma elettorale in tre punti, quali sceglierebbe?
«Le prime tre cose da fare sono: rifiuti, sicurezza e mobilità. Solo il 20 per cento dei cittadini utilizza i mezzi pubblici, ed è una vergogna per una città che ha così tanto sole, nella quale viene anche voglia di camminare. E invece i cittadini sono costretti a usare l’auto, e dico costretti perché non si può chiedere loro di non farlo quando spostarsi da un capo all’altro della città significa dover affrontare un viaggio della speranza. Così come non è possibile che la cartellonistica con i minuti di attesa sia solo in via Etnea. Catania è una città in cui nelle vie principali si fa più attenzione all’ordine ma, appena giri l’angolo, nella strada secondaria ci sono spazzatura e degrado, e i servizi calano a zero».

A chi si rivolge questo programma? Chi sono i suoi elettori?
«Tutti. Ma mi rivolgo a chi non vuole più andare a votare, ai giovani che vogliono tornare in questa città e ai loro genitori e nonni: non accetto come scusa dalle persone più grandi, rischiando di risultare magari provocatorio e aggressivo, che non andranno a votare perché nessuno va bene. Sono proprio i genitori, gli zii, i nonni che hanno la responsabilità di chi in questi anni ha distrutto la città e oggi ce la sta lasciando in mano in queste condizioni e di chi, in questi anni, ha fatto in modo che i cittadini catanesi, e soprattutto i giovani, non pensino di poter avere un lavoro o una famiglia qui. Noi, invece, questo non dobbiamo permetterlo e dobbiamo dire a tutti quelli che non sono andati a votare negli ultimi anni che è importante farlo».

Va siglato un nuovo patto tra le generazioni, ma come è possibile farlo in un momento in cui le elezioni non si decidono sulla base delle proposte ma da Caf e clientelismo?
«La nostra è una proposta alternativa, che non sta né con il centrosinistra né con il centrodestra. Mi hanno chiamato e non ho ceduto e non mi sto nemmeno candidando al Consiglio comunale perché voglio dare un messaggio ai miei concittadini: non sono alla ricerca di una poltrona; se non verrò eletto sindaco, tornerò a fare il mio mestiere di avvocato come sto facendo negli ultimi anni e come ritengo di dover fare per rispetto verso i miei genitori che mi hanno fatto studiare. Quello del sistema clientelare è un problema atavico in questa città, non è recente e conosciamo benissimo la logica delle 50 euro, delle buste della spesa o dei pacchi di pasta. Dobbiamo però anche far notare come così vengano eletti sempre gli stessi. E allora noi vogliamo sviluppare nei cuori dei catanesi uno spirito di indignazione rispetto alla rassegnazione che a noi non piace e che ha portato la città ai minimi storici».

Per noi è importante anche l’elemento della trasparenza in politica. Per questo chiedo: quanto sta costando la vostra campagna elettorale e chi la sta finanziando?
«È ancora in corso ed è difficile fare una stima. La sta finanziando il partito e sono qualche decina di migliaia di euro, sicuramente, ma ancora non ho chiare le cifre esatte. Siamo però disponibili a renderne conto, in trasparenza, a tempo debito. Quello che posso dire adesso è che sicuramente il movimento di Cateno De Luca sta investendo su questa città e su questa campagna elettorale perché ci crede».

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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