Da capitale grillina del Sud a primo importante banco di prova fallito. La parabola del Movimento 5 stelle a Ragusa è finita così come è iniziata: con un ballottaggio. Ridurre la storia di questi cinque anni a una questione di simmetrie sarebbe però un errore, perché il voto di domenica passerà alla storia, seppure occupando una di quelle pagine che si vorrebbe presto dimenticare. Nel capoluogo ibleo, per il partito oggi guidato dal ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, si è svolto infatti il primo vero test a livello nazionale sulla capacità di amministrare una città di importanti dimensioni. Ragusa, nel 2013, fu il secondo capoluogo, dopo Parma, in cui il M5s riuscì a ottenere il mandato popolare. E mentre nel caso della città emiliana, la rottura tra Federico Pizzarotti e il partito ha impedito di analizzare l’esperienza quinquennale sotto l’ombrello pentastellato, molto più a sud un altro Federico (Piccitto) ha portato l’amministrazione comunale a nuove elezioni. Dove però il Movimento è uscito sconfitto.
La perdita di Ragusa rappresenta una prima volta per i cinquestelle, con la delusione soltanto parzialmente mitigata dalle riconferme di ieri, sempre al ballottaggio, a Pomezia e Assemini. Il candidato Antonio Tringali – già presidente del consiglio comunale e scelto non prima di una polemica tra la base del partito e Piccitto, che avrebbe voluto designare come potenziale successore il proprio vice Massimo Iannucci – si è fermato al 46,93 per cento. Oltre 1500 voti in meno rispetto a Peppe Cassì, avvocato ed ex stella della pallacanestro locale che al primo turno si era classificato secondo. Esattamente l’opposto di quello che era avvenuto cinque anni fa: nel 2013, infatti, era stato Piccitto a finire secondo al primo turno, per poi recuperare e trionfare al ballottaggio con quasi il 70 per cento delle preferenze. «Quella di ieri è stata una sconfitta, ma non certo una disfatta – commenta Tringali -. I cittadini hanno deciso di volere cambiare guida, confermando una tendenza che storicamente appartiene a Ragusa. Qui gli elettori cercano il cambiamento, il nuovo. Da parte nostra non ci rimproveriamo nulla, sappiamo di avere dato il massimo. Adesso cosa faremo? Andremo in consiglio a fare un’opposizione intelligente e ferma, valutando i singoli provvedimenti che la nuova amministrazione prenderà».
Anche se c’è chi giura che il clima tra i grillini ragusani già ieri era sereno, con tanto di cena insieme Giancarlo Cancelleri a giochi fatti, ragionare sulle cause della sconfitta resta un passaggio obbligatorio per i cinquestelle. «Tra i fattori che hanno potuto incidere – commenta a MeridioNews la deputata regionale Stefania Campo, che prima di finire all’Ars è stata assessora in città – c’è senz’altro l’avere rimesso in sesto il bilancio della città, ma anche l’avere dovuto amministrare con nuove direttive da parte dell’Ue e del governo nazionale che hanno vincolato l’azione della giunta». In tal senso, un esempio è proposto da Salvatore Corallo, anche lui nella squadra Piccitto per parte dei cinque anni. «I costi della gestione del servizio idrico sono cresciuti ma non per una volontà dell’amministrazione di pesare sui cittadini, bensì perché la legge impone che le entrate arrivino esclusivamente dalle bollette», spiega al nostro giornale. Corallo è tra quanti difendono la scelta di Tringali. «Ha fatto un’ottima campagna elettorale e sono certo che riuscirà a fare bene anche dentro al consiglio comunale», assicura.
A dimostrare voglia di chiudere ogni spiraglio alle polemiche o quantomeno lasciarle al confronto interno è anche l’ormai ex sindaco, rimasto fuori dalla contesa elettorale. Contattato da MeridioNews, Piccitto ha chiosato sottolineando di riconoscersi nelle dichiarazioni fatte da Tringali. A Ragusa, chi si chiede quanto avranno inciso le beghe interne al Movimento c’è. I pensieri vanno all’immagine che potrebbe essere arrivata all’esterno: quella di un partito con fratture interne, non esente da ambizioni personali e giochi di potere. «Perché non si è ricandidato Piccitto? Spera di diventare un giorno parlamentare, compito senz’altro più facile rispetto a fare il sindaco», confida uno degli attivisti, chiedendo di rimanere anonimo. Ma la ricerca di spiegazioni porta anche a puntare il dito contro chi, nel Movimento 5 stelle, ha deciso di sostenerlo. Come il parlamentare regionale del Partito democratico Nello Dipasquale. «Secondo lei ciò ci ha favorito? Per un voto preso, chissà quanti ne abbiamo persi», mormora qualcuno. Anche in questo con l’esplicita richiesta di non comparire nel pezzo. D’altronde, da queste parti per il Movimento 5 stelle il tempo dei riflettori, almeno per un po’, è finito.
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