Un’audizione fiume, durata oltre due ore e mezzo, quella di Antonio Fiumefreddo, ex ad di Riscossione Sicilia nell’era Crocetta, in commissione antimafia nell’ambito dell’indagine sul cosiddetto sistema Montante. Un’indagine ormai agli sgoccioli, rispetto alla quale verranno sentite ancora alcune persone nei prossimi giorni, per arrivare a fine febbraio alla presentazione della relazione conclusiva. Quella di Fiumefreddo era un’audizione attesa, che poteva fornire ulteriori elementi legati a un ramo dell’amministrazione particolarmente sensibile a pressioni, come quello della riscossione dei tributi. In quest’ottica, la commissione antimafia sta valutando l’ipotesi di aprire un filone d’indagine sulla partecipata di riscossione dei tributi.
Intanto, ecco che le domande dei commissari si sono concentrate ieri sull’aspetto legato al sistema di potere che avrebbe agito in Sicilia negli ultimi anni. Da quanto filtra dalla commissione, viene fuori una ulteriore conferma di un sistema esteso, pervasivo e previdente nello scouting delle persone. L’altra conferma è quella del ruolo da «eminenza grigia» del senatore Giuseppe Lumia, ma anche del rapporto d’amicizia tra Fiumefreddo e Ivan Lo Bello, che in qualche misura si sarebbe poi esteso anche a Rosario Crocetta e Antonello Montante. Ma l’avvocato catanese precisa più volte: «Mai subite pressioni da Montante, né da Lumia o Crocetta».
Sembra che siano state numerose le occasioni in cui i commissari hanno chiesto chiarezza a Fiumefreddo rispetto a diversi punti emersi nell’indagine della magistratura che ha portato all’arresto dell’ex numero uno di Sicindustria, mentre dal canto suo l’avvocato catanese ha parlato della persistenza in Sicilia di un «sistema di potere parallelo che prescinde dal colore dei governi in carica e che resiste ad ogni tentativo, peraltro spesso troppo timido, di smantellamento. La posizione della politica rispetto a questi poteri è ancillare, e viene orientata da superburocrati, imprenditori corrotti, associazioni varie, logge coperte e ordini cosiddetti cavallereschi. Dal mio punto di osservazione privilegiato, qual è stato quello di Riscossione Sicilia, ho potuto riscontrare l’asservimento di diverse istituzioni a poteri opachi».
Nelle parole di Fiumefreddo emerge ancora una volta una «cortina che non occorre oltrepassare, pena il pestaggio mediatico quale nuovo metodo di intimidazione mafiosa, in difesa della conservazione di privilegi illeciti che coinvolgono centrali del potere bancario, della sanità, del petrolio, degli aeroporti siciliani. Allo stesso modo il sistema degli ex consorzi Asi, come le realtà grigie nel sistema camerale siciliano».
Esempi specifici rispetto alle accuse di Fiumefreddo? L’avvocato avrebbe portato nomi e cognomi alla commissione antimafia. Ma per sommi capi ammette anche che «basta guardare chi sono i grandi evasori nell’Isola, per capire che il potere è altrove, non in mano alla politica. Penso alle piattaforme petrolifere, oppure ai beni demaniali. La Sicilia disporrebbe di tantissimi fondi da reinvestire nella comunità, se riscuotesse i tributi dalle piattaforme off-shore. Eppure quando ho chiesto alla Regione di farmi pervenire un elenco di quelle piattaforme, mi è stato risposto che un elenco non esisteva. Se fosse realmente così, sarebbe gravissimo. Ma io credo invece che non fosse vero. Però qualche domanda bisogna pur farsela e se quei funzionari non rispondono all’amministrazione, a qualcun altro risponderanno».
Nel corso della sua gestione della partecipata regionale, Fiumefreddo è anche finito nell’occhio del ciclone per i pignoramenti ad alcuni deputati regionali. «Pignoramenti che – aggiunge – nel silenzio generale, mi risulta che sarebbero stati sospesi. La considero una cosa insopportabile. Non per me, attenzione, ma per i tanti a cui pignoriamo ogni giorno il quinto dello stipendio per farli mettere in regola coi tributi insoluti». Tutti elementi, quelli legati a Riscossione Sicilia, rispetto ai quali la commissione valuterà se indagare ulteriormente o meno.
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