Dopo mesi di attesa, lo sgombero dell’ex Collegio dei Gesuiti è quasi concluso. Gli operai sono a lavoro per eliminare gli ultimi cumuli di materiali non più recuperabili, e da lunedì l’edificio sarà a completa disposizione della soprintendenza ai Beni culturali, alla quale l’edificio è affidato. La notizia arriva dalla VII commissione cultura del consiglio comunale di Catania, nel giorno in cui il Comune dispone la chiusura di via Crociferi al traffico. Venerdì 20 aprile i consiglieri hanno infatti effettuato un sopralluogo «Al fine di accertare l’evolversi dei lavori di sgombero, effettuati dalla Provincia regionale di Catania». E per la prima volta è stato consentito l’accesso all’edificio a tre cittadini. Sono tre ex studenti dell’Istituto statale d’Arte, che fino allo sfratto del 2009 era ospitato nell’edificio patrimonio dell’Umanità Unesco, e membri del comitato Salviamo il Collegi dei Gesuiti. Dalla chiusura dell’edificio, disposta dalla soprintendenza ai Beni culturali di Catania nell’agosto del 2009 per le cattive condizioni dell’edificio e ufficializzata da una ordinanza di pubblica incolumità del sindaco di Catania, il comitato ne denuncia lo stato di abbandono. «Adesso però non ci sono più scuse, la soprintendenza deve avviare i lavori di consolidamento della struttura», dichiara Salvo Campo, architetto ed ex studente dell’Isa.
Al video realizzato da Ctzen a novembre, che documentava il grave stato di degrado all’interno dell’ex istituto d’Arte, era infatti seguito un rimpallo di responsabilità tra la Regione, proprietaria dell’edificio, e la Provincia di Catania. «Non possiamo inziare i lavori di messa in sicurezza perché la provincia non ha mai concluso lo sgombero dei locali» aveva dichiarato alla nostra redazione Gesualdo Campo, dirigente regionale ai Beni culturali. Una situazione risolta solo in questi giorni. «Questo è un primo risultato, arrivato grazie al tavolo tecnico di gennaio tra Comune, Provincia e Soprintendenza per i Beni Culturali» sono le parole di Manlio Messina, presidente della commissione cultura e promotore dell’iniziativa. Al momento, però, non ci sono date sull’inizio dei lavori. «La fase del trasloco è stata lunga e complessa – spiega Messina – ed è stata eseguita in tre fasi: nella prima è stato eliminato il mobilio, nella seconda sono stati recuperati i materiali scolastici come registri e documenti, e in questa terza sono stati eliminati i materiali non recuperabili».
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«Purtroppo tra i materiali che finiranno in discarica, ci sono molti lavori degli studenti» ci racconta invece Marco Di Stefano, anche lui come Campo architetto ed ex studente dell’Isa. Dopo il sopralluogo, i due ex studenti non riescono però a capacitarsi delle motivazioni che hanno portato alla chiusura dell’edificio. «Le uniche parti ridotte male sono quelle della ex palestra, chiusa già a inizio 2009» dichiara deluso Campo, mentre Di Stefano ammette «Quando a fine 2011 ho saputo che la mia ex scuola era chiusa, ho trattenuto a stento le lacrime. Eppure, a quanto mi ha detto la ex preside Bianca Boemi, bastavano poche migliaia di euro per riparare il tetto della palestra». Adesso lo squarcio sul soffitto della ex palestra è largo parecchi metri, ma come documentano le fotografie scattate ieri, le tegole e gli altri materiali crollati sono stati ripuliti.
«E’ stata una emozione indescrivibile rientrare in quei luoghi», dichiara Di Stefano, che vive fuori dall’Italia da sei anni. Adesso è tornato, anche per seguire la vicenda da vicino. «A novembre ho saputo che la scuola era stata sfrattata, e ho subito pubblicato un video che ricordava com’era la nostra scuola, un ambiente unico e funzionale ai nostri studi» racconta Marco. «Quando poi ho visto il vostro video, la voglia di fare qualcosa è diventata fortissima – prosegue Di Stefano – e oggi per me s’è realizzato un desiderio». Un desiderio rimasto però a metà, e che si concluderà solo a lavori ultimati: «Ho letto che ci sarebbero difficoltà a utilizzare i 5 milioni di euro di fondi della protezione civile che servono alla messa in sicurezza della struttura. Spero che non ci siano ulteriori ritardi», conclude Marco.
[Foto di Salvo Campo]
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