Coco Chanel, una donna che veste le donne

È andata in onda domenica 5 e lunedì 6 ottobre “Coco Chanel”, la fiction  sulla vita della famosa stilista francese. Una vita intensa ma poco conosciuta quella della regina della moda Gabrielle (suo vero nome), che racconta l’intera storia da adulta attraverso lunghi flashback e rivive l’infanzia difficile in orfanotrofio, il grande amore della sua vita, Boy Capel e gli inizi nel borioso mondo della moda, dove viene derisa e criticata ma dove riesce sempre a far parlare di sé grazie ai suoi abiti rivoluzionari. Determinata e orgogliosa sconvolgerà la Francia alla vigilia della prima guerra mondiale, liberando la donna da corsetti e lustrini e insegnando invece la bellezza dei tessuti, delle forme e dei colori, cioè inventando uno stile: non per nulla era solita ripetere “la moda passa, ma lo stile rimane”.

Ad interpretarla due grandi attrici: Shirley McLaine (premio Oscar per Voglia di tenerezza) e Barbara Bobulova (già in Cuore Sacro e Anche libero va bene). La McLaine veste i panni della Chanel matura, più irascibile e cattiva (come sembra essere stata in realtà) “la prima a dirmi che dovevo fare Chanel fu Audrey Hepburn. Non capivo perché, ma ora che conosco la vita di Coco, ho capito”. Coco Chanel era un personaggio contradditorio: forse non particolarmente bella ma creativa al punto da essere sensuale. Barbara Bobulova che interpreta Chanel da giovane ci mostra una persona forte, progressista, una specie di romantica cenerentola moderna che dalla povertà arriva a guadagnare un incredibile successo. Quello che più risalta è il modo in cui Coco raggiunge il successo: non solo grazie al suo incredibile talento ma soprattutto al modo in cui interpreta il desiderio femminile d’indipendenza, di una vita propria e di uno stile che rispecchi questo bisogno. Ed ecco che una gonna di pochi centimetri più corta o un semplicissimo tubino nero diviene qualcosa di più di un semplice capo d’abbigliamento addirittura un’opera di estrema eleganza.

Tutti gli storici abiti dell’epoca, inclusi  i celebri tailleur e i cappelli, sono stati ricreati da sarte esperte e disegnatori francesi. Sembra, infatti, che la maison francese non abbia voluto collaborare né con immagini o foto ma abbia dato solo il suo assenso.

La mini serie anche se si sofferma molto nelle tipiche pose da fiction, mettendo accento soprattutto nelle relazioni amorose della stilista, è nel complesso ben ingegnata e gradevole. E fa pensare come una giovane donna nei primi del ‘900 riesca a creare un marchio che ha raggiunto grandi livelli di qualità e sia conosciuto in tutto il mondo.

Irene Puccia

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