Clorosoda, il reparto killer in attesa di bonifiche e processi «Da Eni risarcimenti per le auto e non per le persone»

E’ l’unica bonifica prevista dal protocollo del 6 novembre per la riconversione della raffineria di Gela. Si tratta di una discarica di fosfogessi – che sorge accanto a quello che è stato denominato reparto killer Clorosoda – di proprietà ISAF S.p.A., società in liquidazione partecipata al 52 per cento da Syndial S.p.A. (controllata di Eni) e al 48 per cento dall’Ente Minerario Siciliano. Il costo del risanamento ambientale del territorio è stato fissato a 200 milioni di euro. Entro un mese bisognerebbe scrivere un protocollo ad hoc sulle modalità di demolizione degli impianti e relativa bonifica. Nel frattempo per i familiari e i componenti del comitato spontaneo lavoratori Clorosoda sono giorni d’attesa nelle aule giudiziarie.

La bonifica di quei terreni, a distanza di 20 anni dalla chiusura dell’impianto, sarebbe già un segnale. «Rispetto ai 6 miliardi e 600 milioni previsti dal CNR – ricorda Orazio Mili, figlio di un ex dipendente Clorosoda morto nel gennaio 2014, la tredicesima vittima accertata tra gli ex lavoratori di quel reparto – ­ i 200 milioni stanziati sono pochi». Intanto la data del 23 gennaio diventa un altro appuntamento focale. Al tribunale di Gela è prevista l’udienza preliminare che deciderà se archiviare o rinviare a giudizio 16 indagati, tutti responsabili o ex funzionari del gruppo Eni. 

«Credo solo nella magistratura – è il commento di Mili – A noi interessa il riconoscimento della malattia professionale da parte dell’Inail più che il risarcimento dell’Eni. Certo è che i dirigenti non hanno mai chiesto scusa. Ci offende il fatto che ci siano stati risarcimenti per gli autoveicoli e non per le persone. Com’è possibile che si possa erodere la carrozzeria delle auto e non si possa accertare quella del corpo? I nostri genitori chiedevano solo giustizia». 

Allo stesso tempo il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta, in visita sabato e domenica in città per provare a rilanciare il suo partito, il Megafono, ha chiarito ancora una volta la sua posizione sul cane a sei zampe. «L’azienda voleva chiudere – ­ha ribadito – siamo stati noi a imporre che rimanesse riconvertendo la produzione. 450 milioni di euro per i due progetti presentati da Mossi e Ghisolfi li stiamo mettendo sempre noi».

Andrea Turco

Recent Posts

Parco dell’Anima, a Noto nascerà una banca dei semi antichi: «Sarà la prima al mondo e servirà ad educare»

Uno degli angoli più suggestivi della Sicilia, tra il barocco di Noto e la riserva…

4 ore ago

Incidente stradale ad Augusta, muore un uomo di 32 anni

In un incidente sulla statale 114, nel territorio di Augusta, tra Siracusa e Catania, un…

11 ore ago

Auto vola da un cavalcavia della A18. Due persone rimaste ferite

Un incidente stradale che ha coinvolto un'autovettura Citroen C3, si è verificato poco dopo le…

14 ore ago

Minorenne ha droga, pistola e munizioni, arrestato a Catania

Agenti della Squadra Mobile della Questura di Catania hanno arrestato un minorenne trovato in possesso di 240…

14 ore ago

In causa con la ex, minaccia di morte il suo legale, arrestato

Non si riteneva ben assistito in una causa civile con l'ex moglie dal suo avvocato,…

15 ore ago

Incidente alla zona industriale di Gela. Muoiono un 22enne e il presidente di Sicindustria Caltanissetta

Un grave incidente stradale si è registrato alla zona industriale di Gela. Nel sinistro ha…

15 ore ago