Clientele in agguato: Irfis-Fin-Sicilia…

Per domani, a Sala d’Ercole, si annuncia una battaglia parlamentare sulla cosiddetta legge blocca-nomine. Una maggioranza d’Aula trasversale vorrebbe impedire al presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ormai in uscita (le sue dimissioni sono attese tra una decina di giorni), di continuare ad effettuare nomine. Il rischio è che la grande attenzione, pur legittima, su questo tema faccia passare in secondo piano altre due questioni. Vediamole per grandi linee.

La prima questione l’abbiamo messa in luce la scorsa settimana: è il tentativo, da parte della politica, di sanare il mangia-mangia che è andato in scena nelle società e negli enti regionali. E’ noto che con la legge regionale numero 11 (articolo 17) del 2010 – si tratta delle legge finanziaria – è stato introdotto il tetto di 50 mila euro all’anno per gli amministratori di enti e società e di 25 mila euro all’anno per chi dovrebbe vigilare sui conti delle stesse società.

Bene, da allora ad oggi, a quanto si sussurra, solo una minima parte di amministratori e controllori di enti e società più o meno riconducibili alla Regione siciliana si sarebbe attenuta alle nuove ‘tabelle introdotte con la legge regionale del 2010. In pratica, amministratori e controllori (soprattutto i primi) avrebbero continuato ad intascare compensi alla vecchia maniera, in alcuni casi, tre, quattro e, magari, cinque volte maggiori delle ‘tabelle’ introdotte due anni fa.

Oggi che i soldi nelle ‘casse’ della Regione sono finiti, amministratori e ‘controllori’ (o presunti tali) debbono attenersi ai tetti di 50 e 25 mila euro. Ma, legge alla mano, dovrebbero anche restituire i soldi pubblici che si sono messi indebitamente in tasca.

Ebbene, per ‘perdonare’ chi si è ‘ammuccato’ indennità maggiorate in barba alla legge, è già pronto un emendamento al disegno di legge numero 900 (parliamo sempre del completamento della manovra finanziaria dello scorso aprile, che deve – o dovrebbe – essere ripresentata prima della chiusura di questa legislatura) che dovrebbe ‘sanare’ il ‘misfatto’. L’emendamento, già ‘confezionato’ in commissione Bilancio e Finanze dell’Ars, introduce il principio della celebre canzone napoletana: “Chi ha dato, ha dato, ha dato, chi ha avuto, ha avuto, ha avuto…”. In pratica, grazie a questo emendamento truffaldino, chi ha rispettato la legge farà la parte del minchione, chi ha violato la legge – e si è messo in tasca indennità maggiorate – verrà premiato.


Si tratta, come si può notare, di una schifezza a 24 carati. La speranza è che il Parlamento siciliano ‘bocci’ questo emendamento truffaldino. Se dovesse essere approvato, ci auguriamo che il commissario dello Stato impugni tale articolo di legge.

La seconda questione è strettamente legata alla prima. Il Governo si accinge a nominare i vertici di Irfis-Fin-Sicilia. Si tratta di un ‘carrozzone’ inutile creato dalla politica siciliana sulle ceneri dell’Irfis, il glorioso istituto d mediocredito siciliano che ormai non esiste più (il ramo d’azienda bancario dell’Irfis è stato ceduto).

In compenso, è rimasto questo Irfis-Fin-Sicilia che dovrebbe svolgere improbabili funzioni bancarie o finanziarie. Si tratta, a conti fatti, di un ente inutile, anche alla luce – anzi: soprattutto alla luce – della presenza, ormai operativa, della Banca del Sud. Quest’ultima – che opera appoggiandosi alle Poste italiane – può contare sulla presenza di uomini che hanno fatto banca nel Sud in generale e in Sicilia in particolare.

Ebbene: in presenza della Banca del Sud a che cosa serve Irfis-Fin-Sicilia? A garantire qualche poltrona a politici e burocrati? Sembra proprio di sì.

Va detto che anche per la poltrona di presidente di Irfis-Fin-Sicilia vale quanto stabilito dalla legge regionale numero 11 (articolo 17) del 2010. L’indennità degli amministratori non deve superare il tetto di 50 mila euro all’anno. Non vorremmo che, magari con una semplice delibera di giunta, l’indennità dei vertici di questo ‘carrozzone’ venisse maggiorata. Noi ci auguriamo che questo non avvenga. Anche perché ci permettiamo di ricordare che una delibera di giunta non può fare venire meno gli effetti di una legge.

Conoscendo la ‘correttezza’ del presidente della Regione, Raffaele Lombardo, siamo sicuri che, mai e poi mai, la giunta proverebbe, con un emendamento, a cancellare gli effetti di una legge. Così come siamo altrettanto sicuri che il Governo non presenterebbe mai un emendamento pro Irfis-Fin-Sicilia per maggiorare l’indennità del futuro presidente. Anche perché, con i tempi che corrono, la gente non capirebbe.

L’onorevole Gianfranco Miccichè, stasera, in un comunicato, ricorda che la Regione siciliana non è una Regione a Statuto ordinario, ma a Statuto speciale. E che quindi non può essere commissariata, se non ricorrendo a quanto previsto dallo stesso Statuto. Tutto vero. Però l’onorevole Miccichè dovrebbe sapere che anche la Regione siciliana potrebbe fallire. E ormai, con rispetto parlando, ci siamo quasi al fallimento.

Un fallimento che, ricordiamo, coinvolge un bel numero di Comuni siciliani, ridotti in bancarotta non dai precari – che fino ad oggi, in buona parte, sono stati pagati dalla Regione – ma dalla dissennata gestione dell’acqua e dei rifiuti imposta ai Comuni da una legge regionale demenziale e dall’attuale Governo regionale.

Ricordiamo questo affinché Lombardo e compagni evitino di sperperare altri soldi con il’carrozzone’ di Irfis-Fin Sicilia. Onorevole Lombardo, se lo metta in testa: la Regione non può più permettersi di pagare 300 mila euro all’anno il presidente di Irfis-Fin-Sicilia e 250 mila euro il direttore di questo ‘carrozzone’ mangiasoldi. Non ci sono più i soldi per queste clientele.

 

 

Giulio Ambrosetti

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