Città metropolitane, come cambia la Sicilia «Parteciperemo tutti alla festa di Sant’Agata»

«Da futuri bravi catanesi, finiremo a partecipare alla festa di Sant’Agata». La previsione di Angelo Giuffrida, primo cittadino di Motta Sant’Anastasia, rivela l’umore, nero, dei sindaci coinvolti dalla nuova legge sulle aree metropolitane. Il ddl approvato dalla giunta Crocetta venerdì scorso mira alla riorganizzazione degli enti locali, dopo l’abolizione delle province. In particolare stabilisce la creazione di tre città metropolitane – Palermo, Catania e Messina – dentro cui confluirebbero, in totale, 52 Comuni, «il 50 per cento circa della popolazione siciliana», secondo un calcolo della Cgil. Gli altri centri dell’Isola verranno riorganizzati in Consorzi di Comuni, non inferiori a 150mila abitanti, secondo quanto deciso dalla legge approvata a marzo dal governo regionale. Nell’Isola nascerebbero quindi, non meno di 16 consorzi. Troppi, secondo il sindacato per poter adempiere allo scopo prefissato: un’amministrazione più efficace.

In provincia di Catania, i Comuni destinati a rientrare nell’area metropolitana sono 17: Aci Bonaccorsi, Aci Castello, Acireale, Aci Sant’Antonio, Camporotondo Etneo, Gravina di Catania, Mascalucia, Misterbianco, Motta Sant’Anastasia, Nicolosi, Pedara, San Giovanni La Punta, San Gregorio di Catania, San Piero Clarenza, Sant’Agata Li Battiati, Trecastagni, Tremestieri Etneo. Un’area dove vivono 600mila persone e che mette insieme città popolose come Acireale e Misterbianco (rispettivamente 51mila e 47mila abitanti) e piccoli Comuni come Aci Bonaccorsi, con poco più di 3mila unità. Le amministrazioni hanno prontamente annunciato le barricate, in difesa dell’orgoglio, delle tradizioni e della storia delle singole comunità. E anche in nome di un mai sopito campanilismo, uno dei passatempi preferiti dagli italiani.

«Mi sembra una cosa bizzarra e fuori dalla realtà – denuncia Antonio Di Grado, sindaco di Misterbianco – si era partiti per abolire le province e va a finire che si aboliscono i comuni. Da dove viene fuori la proposta allucinante che Misterbianco con una sua economia, con la sua tradizione e cultura debba liquefarsi in un ennesimo anonimo quartiere di Catania? Ma non scherziamo, a tutto c’è un limite. Questa proposta non ha né capo né coda e sono sicuro che l’Assemblea regionale la butterà in un cestino». Assolutamente contrario anche Giuffrida, primo cittadino di Motta Sant’Anastasia. «Siamo sempre stati considerati un comune di frontiera, ma ci hanno tagliato dalle vie di comunicazione, a cominciare dalla metropolitana – accusa – adesso si ricordano di noi. Ma abbiamo una tradizione da salvaguardare, abbiamo i rioni e il castello, la nostra devozione». E sui possibili vantaggi a livello di amministrazione sovracomunale, Giuffrida non ha dubbi: «Non ne vedo nessuno, mica qui siamo come a Bruxelles, per parlare di un modello citato da Crocetta. Lì basta fare una legge, ad esempio ordinare di non buttare la spazzatura fuori, e tutti la rispettano, qua è impossibile».

Non è chiaro quali sono le competenze che verrebbero affidate ai presidenti delle nuove città metropolitane – nella cui sfera decisionale ricadrebbero settori attualmente sotto il controllo regionale, come i rifiuti –  e quali invece resterebbero ai vecchi Comuni, trasformati in «municipi». In attesa di leggere il testo integrale del ddl, si può fare riferimento ad una relazione preliminare redatta dall’assessore alle Autonomie Locali, Patrizia Valenti, da cui si evince che il sindaco metropolitano verrebbe eletto dai cittadini. Gli assessori non sarebbero più di nove. Stesso discorso per i consigli metropolitani che verrebbero composti da 35 consiglieri. Attualmente i consiglieri sono 50 al Comune di Palermo, 45 a Catania e 40 a Messina. Per quanto riguarda i municipi (cioè i vecchi Comuni), l’elezione diretta interesserà solo i consigli che verranno drasticamente ridotti. Per i centri sopra i 15mila abitanti verranno eletti sette consiglieri, per i paesi con popolazione inferiore gli eletti saranno solo cinque. Saranno poi i consiglieri a scegliere il presidente.

In che modo gli abitanti dei singoli municipi contribuiranno all’elezione dei 35 consiglieri metropolitani? Le opzioni sul tavolo, riportate dalla relazione dell’assessore Valenti, sono diverse e spaziano dai collegi uninominali, con divisione del territorio in base al numero di abitanti, a un sistema proporzionale con un collegio unico. A questi organi istituzionali si aggiungerebbe la conferenza dei municipi, un organo di controllo non elettivo, formato dai presidenti dei vari municipi e che affianca il consiglio metropolitano nell’azione di controllo delle attività del sindaco. Uno scenario ancora poco chiaro che attende di essere regolamentato.

Per il presidente Crocetta si tratta di un tipo di organizzazione che pone la Sicilia all’avanguardia in Europa, sul modello di Parigi e di Bruxelles, e che porterà a notevoli risparmi. Quanti? Difficile quantificare. «Ma se è vero che si riducono i consiglieri comunali, si introduce il consiglio metropolitano, che è un po’ come quello provinciale appena abolito», fa notare il deputato all’Ars del Movimento cinque stelle, Salvatore Siragusa. Al coro dei no in questi giorni si sono aggiunti sindaci (come quello di Acireale, Nino Garozzo), esponenti politici e sindacati. In risposta alle critiche, l’assessore Valenti ha promesso che, dopo il passaggio all’Assemblea regionale, la legge verrà sottoposta «a un referendum a cui potranno partecipare i residenti nei comuni rientranti nelle tre aree metropolitane».

«Ma noi in realtà siamo tranquilli – conclude ironicamente il sindaco di Motta Sant’Anastasia, Giuffrida – Crocetta ha detto che avrebbe fermato il Muos e non l’ha fatto, che avrebbe chiuso la discarica di Motta ed è ancora qua. Anche stavolta confidiamo che rimanga fedele alla sua condotta».

[Foto di MikaBoy]

Salvo Catalano

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