«I treni sono in ginocchio, dieci sono già fermi, le officine possono chiudere. Qui si rischia il blocco totale». La Circumetnea – ferrovia a scartamento ridotto da Catania a Riposto, che circumnaviga il perimetro orientale del Vulcano – è sull’orlo della paralisi. Dei 362 dipendenti, in 106 – precari – rischiano di perdere il posto. A denunciarlo il Cobas-Tpl, che stamani ha indetto un sit-in nella stazione nevralgica di via Caronda, per protestare contro «i licenziamenti di massa imposti dalla cattiva gestione della direzione aziendale», accusano. E minacciano di bloccare tutto. Un terzo di lavoratori in totale, infatti, è assunto con contratti a tempo determinato in scadenza e non sarà stabilizzato. «In 30 sono già stati mandati a casa, a marzo toccherà ad altri 30 ed entro la fine dell’anno a tutti gli altri», afferma il coordinatore Francesco Guardo.
Una situazione che si prospetta drammatica, non solo per chi rischia il posto di lavoro, ma per l’intero indotto. «Senza il personale adeguato – lamenta Guardo – già sottodimensionato, l’azienda si paralizzerà, con enormi disagi per chi ci lavora ma anche di tipo sociale, per cittadini e turisti che ne usufruiscono». Il piccolo percorso ferroviario, infatti, viene utilizzato non solo per finalità turistiche, ma anche da molti pendolari e studenti per raggiungere quotidianamente il capoluogo etneo.
Non solo. Secondo il sindacato, sarebbero a rischio anche «gli standard di sicurezza sullesercizio dellintera Circumetnea – sottolinea il coordinatore – che, in questo modo, verranno danneggiati e gravemente compromessi». Sicurezza, secondo Guardo, ottenuta «grazie al personale che ha già acquisito la professionalità e, contemporaneamente, il diritto per il trasferimento da precariato al tempo indeterminato». La trentina di dipendenti che è stata già mandata a casa, infatti, «aveva il diritto di essere stabilizzata, in base al tipo di contratto di assunzione», afferma Guardo. Tutti, dalla data di assunzione, «hanno accumulato almeno 44 mesi di lavoro, alcuni hanno addirittura sei-sette anni di rinnovi». Adesso, però, i contratti stanno man mano scadendo, senza possibilità di rinnovo.
«Secondo il decreto legge 148 – precisa Guardo – i 106 precari della Circumetnea hanno diritto alla precedenza nelle procedura di stabilizzazione. Anche tra i dirigenti ci sono persone che in passato sono state stabilizzate». Su di loro, invece, è stata messa in atto una politica di licenziamenti di massa. Secondo il coordinatore Cobas-Tpl, ad essere in ballo sono «interessi diversi. Sono stati banditi dei concorsi per altri 40 dipendenti», accusa. Concorsi, che però, secondo Guardo, sarebbero irregolari. «In azienda si sta procedendo con bandi su base privatistica per gli interni, mentre per i 106 precari si parla di concorsi pubblici, con preselezione, ancora da bandire, in cui non sarà garantita nessuna corsia preferenziale per chi ha accumulato anni di esperienza», spiega. «Ci sono sicuramente degli illeciti e non sono gli unici qua dentro», denuncia.
«Adesso non ci resta che fare molto rumore e confidare nell’aiuto della magistratura», afferma il sindacalista. Soprattutto perché, da parte dell’azienda, non è pervenuta nessuna rassicurazione sul futuro dei dipendenti precari, che lamentano mancanza di informazione e di garanzie. Dalla «dirigenza non esce più nulla», accusa Guardo. «Intanto vogliono sistemare questi 40 solo per placare le acque e poi si vedrà. Ci è stato detto chiaro e tondo che l’unica strada possibile è quella dei concorsi di stabilizzazione. Oppure la chiusura». Nel frattempo, l’intero circuito rischia la paralisi. Comprese le officine meccaniche, che sono «in ginocchio». «Attualmente – racconta Guardo – sono rimasti solo due motoristi, che non riescono a garantire la normale manutenzione dei treni». Con gravi conseguenze per tutto il sistema ferroviario della Circumetnea.
Intanto, 30 persone hanno già perso il lavoro e le altre attendono lo stesso destino. Senza garanzie per il futuro. «La maggior parte sono padri di famiglia», afferma Guardo. Il loro stipendio serve a mandare avanti i rispettivi nuclei familiari, di cui alcuni sono monoreddito. Tra loro, c’è anche chi rischia di non poter più pagare l’università in cui studiano i figli. O addirittura conseguenze più gravi. «Facendo due conti, stiamo parlando di circa 200 bambini, perché tra i lavoratori c’è anche chi ha addirittura quattro figli, che resteranno senza i soldi per mangiare».
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