Cinisi, due finanziamenti (in contrasto) per il casolare Il proprietario: «Offeso dallo Stato, lì l’ho salvato io»

A che niente, a che troppo, verrebbe quasi da dire, citando un antico detto palermitano. Per anni la famiglia di Peppino Impastato, il militante ucciso da Cosa nostra il 9 maggio 1978, ha chiesto che il casolare dove venne ammazzato quella notte diventasse un bene pubblico aperto a tutti. In quanto luogo di memoria storica e divenuto in questi 41 anni un potentissimo simbolo di legalità riconosciuto praticamente in tutto il mondo. A fianco della famiglia in questa battaglia ci sono da sempre associazioni e realtà del territorio, ma anche figure politiche che, nel tempo, si sono pubblicamente accodate alla richiesta della famiglia. Ed ecco che, sul finire dell’estate, qualcosa succede davvero. Con poco più di 106mila euro la giunta regionale acquisirà il casolare dell’ex contrada Feudo. Un impegno, quello più volte ribadito dal presidente Nello Musumeci, mantenuto alla lettera, seppur dopo tempo. 

Ma non si fa in tempo a festeggiare che, inaspettati, spuntano altri soldi. Sono 490mila euro, che ambiscono a mettere in pratica un progetto ben più ampio, che va oltre l’acquisizione di quel bene. Ma da dove arrivano? «C’è un progetto della Città Metropolitana di Palermo, in partenariato col Comune di Cinisi, che prevede l’utilizzo di 490mila euro di risorse europee per l’acquisizione, il restauro e la realizzazione di una tensostruttura – spiega il sindaco di Cinisi Giangiacomo Palazzolo -, perché l’idea è quella di realizzare un centro nazionale e culturale per la lotta alle mafie. Il finanziamento deliberato dalla giunta regionale rende praticamente incompatibile quello precedente. Perché con questa somma la Regione prevede solo l’acquisizione del casolare, acquisizione che deve però fare la Città Metropolitana perché presupposto giuridico per fare poi la riqualificazione e realizzare appunto la tensostruttura».

«Insomma – prosegue -, c’è il pericolo che in seguito a questo intervento della Regione vadano alle ortiche 490mila euro. Noi parliamo di un progetto molto più corposo, più importante. Penso sia interesse di tutti trovare una soluzione: ho scritto al presidente della giunta regionale e al sindaco della Città Metropolitana chiedendo un tavolo tecnico per cercare di trovare una soluzione tecnica che possa in qualche modo rendere compatibili i due finanziamenti. Come in tutte le cose, se c’è volontà si può trovare una soluzione. Oggi così è una situazione paradossale, ma non penso sia difficile passare a un finanziamento di 590», provando ad accorpare quindi le due somme. Ottimista anche Giovanni Impastato, fratello di Peppino, convinto che anche quello descritto dal primo cittadino sia «un progetto importante», presentato con l’intento di rendere finalmente fruibile il casolare.

«Non credo sia così difficile sedersi a un tavolo e fare in modo che chi è coinvolto si metta d’accordo per andare avanti. Non vorrei che restassimo nel degrado totale, quel casolare ha bisogno di interventi immediati – spiega Impastato -. Adesso serve mettersi d’accordo, dialogare, non litigare. Qualcuno forse dovrà rinunciare a qualcosa, ma il merito è di tutti. L’impegno di Nello Musumeci risale a quando era presidente della commissione antimafia, come è da riconoscere lo sforzo del sindaco Orlando come di quello di Cinisi. Sediamoci tutti, anche con le associazioni, e lavoriamo insieme, ma facciamo presto perché qui cade tutto a pezzi». La tempistica di queste due importanti novità per salvare il casolare, in parte, qualche sospetto potrebbe farlo venire, dopo l’immobilismo del passato e le promesse spesso sfumate. Ma è anche vero che per tanti anni la contrattazione con il proprietario del bene non è stata esattamente facile, non andando di fatto mai a buon fine. 

«Il proprietario è sempre stato d’accordo alla vendita ma ha sempre chiesto cifre esorbitanti, non coincidenti con le nostre valutazioni – torna a dire il sindaco Palazzolo -. Con l’esproprio di mezzo il prezzo non viene concordato, si stabilisce in base alle valutazioni di mercato». Valutazioni che tengono conto delle condizioni del casolare, da tempo in stato di abbandono, con antiche scale ormai inagibili e soffitti in parte crollati o sul punto di cedere. «Credo sia tardiva come cosa, forse doveva essere tutto fatto all’epoca, quando è stato riconosciuto il vincolo di interesse pubblico», osserva il proprietario del casolare, il dottore Giuseppe Venuti. «Io non vengo da Milano, da Partinico o da Palermo, io vivo a Cinisi, quando l’ho comprato tra l’80-81 la mia proprietà era accanto a quel casolare, una stalla praticamente – racconta -. I vecchi proprietari mi hanno proposto di acquistarlo, allora il valore c’era anche a prescindere da Peppino Impastato, è una casa storica, forse risale all’anno Mille, lì era pieno di alberi d’ulivo secolari, potrebbe risalire al periodo arabo o normanno», azzarda addirittura. A contattarlo è anche Giovanni Impastato, interessato alla possibilità di acquistare il casolare chiedendo un prestito bancario, con l’intento poi di «donarlo alla società civile», per citare lo stesso Impastato. Ma anche questo tentativo va in fumo, «non è stato possibile per la richiesta veramente eccessiva del proprietario».

«Io l’ho comprato per cento milioni delle vecchie lire, anche se l’atto non fu fatto subito – prosegue -. Poi l’ho usucapito e dopo vent’anni lo possedevo io». Venuti poi tenta di venderlo: «Me l’hanno pagato 250mila euro, ma il mediatore andato al Comune per fare il certificato di destinazione urbanistica si è accorto che era vincolato da un interesse pubblico. Quindi mi dissero che non potevano più comprarlo – spiega -. A quel punto ho fatto l’usucapione nei confronti di mia figlia e ho donato la mia proprietà insieme a questo casolare». Il tentativo di vendita quindi non andrà mai in porto e il casolare rimane di fatto alla sua famiglia, quasi fosse un fardello da trascinarsi dietro. «Sono offeso dallo Stato – osserva in seguito -, io dovevo essere difeso e ammirato dallo Stato, io ho salvato una casa, la memoria gliel’ho data io, io sono stato sfruttato dalla memoria, ma è successo tutto il contrario». Nel suo sfogo, emerge come Venuti abbia in questi anni avuto la percezione di essere stato trasformato in una sorta di nemico contro cui puntare il dito. Una descrizione secondo lui poco calzante con la sua persona.

«Il casolare è aperto e possono entrare tutti, perché andare dal maresciallo a dire che è sempre chiuso e che è sporco? Io c’ho speso soldi per mantenerlo, dopo 40 anni se c’ho speso mille euro l’anno, già non sono 40mila euro? – si domanda oggi -. Quattromila metri di terreno, l’altro magazzino e l’altra stalletta mia, una strada che porta solo a questo casolare. Ho detto di comprarlo e darlo alle scuole elementari di Cinisi, di costruirci un obelisco e lasciare un segnale che si veda da tutto il mondo. Se mi dessero anche 500mila euro o un milione sarebbero niente». Un concetto che anche in passato aveva più volte ribadito. «Se per un attimo si fa mente locale anche nei confronti dei cittadini italiani, siamo 60milioni, significa un centesimo per ogni cittadino, significa 600mila euro. Non è una cosa che ho detto io, “la sfrutto”, è una cosa storica, unica, sicuramente alla Regione avranno detto che sono un malfattore, un delinquente, una persona cattiva. Non è così, è una vita che io lavoro, io e la mia famiglia non conosciamo né pellicce, né gioielli, né borse di pelle, conosciamo solo u travagghiu. Esco la mattina alle sei e torno alle dieci a casa».

Un uomo casa e lavoro, insomma, che sembra negli anni essere stato quasi tormentato dalla storia legata a questo casolare. Alla domanda se l’esproprio sarà quindi una liberazione, la risposta è netta: «Da un certo punto di vista sì, ma come cittadino è una mortificazione, essere trattato male così. Sono stato trattato malissimo – ribadisce -. Se io lo avessi proposto questo bene, se lo avessi messo in vendita su Internet al mondo intero, stia tranquilla che ci sarebbe stato o il russo o il giapponese o l’americano che se lo sarebbe comprato senza battere ciglio. Se i ragazzi della scuola elementare e media avessero chiesto dieci euro per ristrutturarla, su sette miliardi che siamo al mondo, almeno altrettanti miliardi sarebbero entrati nelle cassi della scuola che avrebbe potuto fare cose grandi. La speculazione la fanno gli altri – sottolinea infine -, io sono un soggetto innocuo, un uccellino piccolo piccolo, una piccola formica. Gli altri si divertono e ne fanno una politica, diranno “io ho sistemato tutto”, potranno fare la qualsiasi e lo faranno loro e non io. Che sarò sempre un cittadino che lavora e che ha rispetto dei più deboli».

Silvia Buffa

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