Non c’è pace per l’Irsap, l’Istituto di Attività produttive che ha incorporato le vecchie Asi. Ma, soprattutto, non c’è pace per il suo commissario, Alfonso Cicero, uomo che fa riferimento alla Confindustria Sicilia di Antonello Montante & co.
Dopo la decisione del Tar di non archiviare il ricorso che mette in dubbio i suoi titoli per questa poltrona (a Novembre si discuterà il caso, come vi abbiamo detto qui), dai giudici del lavoro arrivano una paio di picconate decise. Entrambe riguardano dei licenziamenti considerati illegittimi: quello di Antonio Casese e di Salvatore Callari, due dirigenti dell’Asi di Agrigento licenziati un anno fa da Cicero (allora era il commissario dell ente) con l’accusa di avere lasciato “indisturbate di operare nelle zone industriali – con l’inaccettabile ‘gioco’ dei ritardi amministrativi e delle omissioni – diverse aziende ritenute colluse ed in odore di mafia”. Insomma accuse pesantissime.
Il tribunale però non ci ha creduto. Prima ha imposto il reintegro di Casese e ora pure quello di Callari:
“Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Agrigento, con ordinanza del 15 maggio 2013 ha dichiarato illegittimo il licenziamento disposto, inopinatamente, dal Commissario Liquidatore del disciolto Consorzio Asi di Agrigento geom. Alfonso Cicero nei confronti del Dirigente dellArea Tecnica ing. Salvatore Callari, difeso dagli avv.ti Girolamo Rubino e Mario La Loggia” si legge in una nota. Che continua così:
“Il Giudice del Lavoro dr.ssa Chiara Gagliano ha disposto la reintegra immediata del dirigente ing. Salvatore Callari ed ha condannato lIRSAP ad un cospicuo risarcimento del danno ed alle spese legali.
Dalla lettura dellordinanza risulta chiaramente che , malgrado lUfficio Procedimenti disciplinari ha escluso la sussistenza di qualsiasi forma di responsabilità , il Geom Cicero , ha ritenuto con la determinazione nr 117 del 21 Agosto 2012, di recedere con effetto immediato dal rapporto di lavoro con il Dirigente dellArea Tecnica ing. Salvatore Callari, valutato più che positivamente dal nucleo di valutazione.
Il Giudice del Lavoro ha ampiamente motivato lordinanza affermando altresì che: .. la ricorrenza della giusta causa del licenziamento del dirigente è da correlare alla presenza di valide ragioni della cessazione del rapporto lavorativo, come tali apprezzabili sotto il profilo della correttezza e della buona fede, sicchè non giustificato è il licenziamento posto in essere per ragioni meramente pretestuose, al limite della discriminazione, ovvero anche del tutto irrispettoso delle regole procedimentali che assicurano la correttezza dell’esercizio del diritto
Lo stesso Giudice del Lavoro ha più volte, nell’ordinanza dichiarativa l’illegittimità del licenziamento, ritenuto l’operato del Cicero posto al di fuori del rispetto di ogni regola giuridica.
Il provvedimento di licenziamento è stato adottato a sola firma di Cicero , senza il controllo del Comitato dei Garanti, del nucleo di valutazione e del servizio vigilanza dellAssessorato Regionale alle attività Produttive allora guidato da Marco Venturi.
“Il sottoscritto – dichiara Callari- ha atteso in religioso silenzio lesito del ricorso proposto, che gli ha reso giustizia a fronte di diffamanti e pretestuose accuse prive di fondamento, come il giudizio civile ha già dimostrato, portate avanti con attacchi mediatici su ogni e qualsiasi organo di informazione, tanto da costringere lo stesso a difendersi mediante linoltro di querele ed esposti allAutorità Giudiziaria”.
Intanto, mentre Cicero precisa che l’attività dell’Irsap continua regolarmente e che i giudici del Tar, riguardo al ricorso sui suoi titoli,”non sono mai entrati nel merito” e che “appena leggeranno tutte le carte capiranno”, arriva un affondo micidiale anche dalla Cgil, che come vi abbiamo raccontato qui, accusa il funzionario di “gestire il confronto accusando gli interlocutori che dissentono dal suo punto di vista di stare dalla parte della mafia, mentre lui è lunico ed autentico detentore dellantimafia e della legalità. E in effetti questo sembra essere ‘il vizietto’ di Confindustria Sicilia, che da sola si è data la patente dell’antimafia e la sfoggia ampiamente. Rientreranno anche loro nella categoria dei carrieristi dell’antimafia di cui ha scritto un giudice di Caltanissetta nei giorni scorsi?
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