Chiusura Cara Mineo, sei migranti non prendono i bus «Sono liberi, ma hanno perso il diritto all’accoglienza»

Non cinquanta come era previsto, ma sono stati 44 i migranti ospiti al Cara di Mineo che oggi hanno lasciato la struttura. Sei fra quelli che avrebbero dovuto prendere l’autobus per andare nei Cas (centri accoglienza straordinaria) di Siracusa e Ragusa, non si sono presentati. Dopo la colazione, infatti, si sarebbero allontanati volontariamente. «I sei – spiega il direttore del centro, Francesco Magnano – sono persone libere, hanno un permesso di soggiorno e possono andarsene quando vogliono. In questo modo, però, hanno perso il diritto all’accoglienza in strutture governative, ma possono rimanere in Italia finché avranno un regolare permesso di soggiorno». 

Per completare il numero complessivo di trasferimenti previsti, domani altri sei migranti saranno accompagnati nelle nuove strutture tra il Siracusano e il Ragusano. «In questa fase, è il prefetto che stabilisce il trasferimento di un immigrato e se l’immigrato non ottempera a quell’ordine, perde le misure di accoglienza su tutto il territorio nazionale che vengono revocate», continua il direttore del centro di accoglienza più grande d’Europa. Per il resto, le operazioni di trasferimento della giornata di oggi si sono svolte in tranquillità e senza contestazioni. Per altri 50 il trasferimento è stato programmato per il prossimo 17 febbraio e ancora 50 dopo dieci giorni. La direzione sembra quella tracciata dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che dopo avere chiuso il Cara di Castelnuovo (nel Lazio) ha previsto di «avviare la stessa procedura anche per il Cara di Mineo» la cui chiusura dovrebbe essere prevista entro l’anno. 

«Io sono sempre stato contrario al Cara – commenta il sindaco di Mineo, Giuseppe Mistretta – e sono d’accordo per la sua chiusura, ma lo Stato non può lasciare qui le macerie che ha creato». Il primo cittadino del Comune della provincia di Catania chiede un incontro al ministro Salvini «per chiedere un riconoscimento e tutelare un territorio che è stato pesantemente violentato. Siamo dei martiri ma non vogliamo soldi – precisa – solo chiediamo, già dal 2014, che venga istituita la zona franca per la fiscalità di vantaggio per il territorio». Davanti ai cancelli dell’ex Residence degli Aranci – struttura in precedenza riservata ai militari americani di stanza nella base di Sigonella e ai loro familiari – il sindaco ha ricordato che «l’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni, aveva preso degli impegni: nel Patto per la sicurezza c’era scritto che bisognava compensare l’economia tradizionale che avrebbe potuto ed è stata danneggiata dall’istituzione del Cara. Adesso, vorrei sapere – conclude – dal ministro Salvini se manterrà questi impegni, sia sul piano economico e della sicurezza del nostro territorio». 

Marta Silvestre

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