Chimica, la risposta ufficiale dell’Ateneo «Edificio oggetto di scrupolosa valutazione»

Con riferimento a quanto pubblicato su CTzen nell’articolo dal titolo Cittadella, ai laboratori Unict la storia si ripete. Sepolte da anni analisi ambientali a Chimica, a firma della giornalista Carmen Valisano, si precisa che la problematica segnalata, relativa ad uno dei corpi che costituiscono l’edificio 1 del Dipartimento di Scienze chimiche e che ospita alcuni dei laboratori dello stesso, è stata oggetto di attenta e scrupolosa valutazione da parte dall’Ateneo a partire dal 2009, come si può evincere dalle comunicazioni inviate agli enti competenti (Comune di Catania, provincia, di Catania, Regione Sicilia, Prefettura, ARPA e Procura della Repubblica) tra il marzo 2010 e il maggio 2011.
A tal riguardo, si ricorda, inoltre, che l’Ateneo ha già risposto ad un “allarme” lanciato dal Movimento studentesco con una nota a firma congiunta del dirigente dell’Area prevenzione e sicurezza e del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza Arch. Daniele Leonardi, ripresa dai quotidiani (vedi articolo su “La Sicilia” del 16/11/2011), che confermano come “non esiste alcun pericolo cogente per il personale operante nel corpo D dell’edificio 1 e, quindi, non esiste nessun motivo per procedere con una interruzione delle attività”.

In particolare, come evidenziato nei documenti tecnici riferiti alle attività di indagine preliminare svolte tra ottobre 2009 e febbraio 2011, è stata rilevata una contaminazione esclusivamente confinata alla sola porzione di terreno sottostante al corpo D dell’edificio 1 e riferita ai soli parametri: metalli pesanti (rame, cobalto, cadmio) e idrocarburi pesanti. Nessun altro elemento è stato riscontrato nel terreno oggetto di indagine preliminare superiore ai limiti di legge.

Quanto riscontrato nel materiale presente in modesta quantità nei pozzetti della rete fognaria non rappresenta un “superamento di valori” e quindi una contaminazione, poiché si tratta di residuo fognario che nulla ha a che vedere con il terreno sottostante. Gli elementi rinvenuti in tale materiale rappresentano solamente l’indicazione di un potenziale scarico nel sistema fognario di rifiuti liquidi speciali provenienti da attività di laboratorio, di cui non si può determinare l’origine.

L’eventuale e tecnicamente “fantasiosa” diffusione di tali elementi verso l’ambiente attraverso le due pavimentazioni di confinamento, è stata comunque accertata con le dovute azioni di MISE (messa in sicurezza di emergenza), consistenti in tre differenti campagne di misura dell’aria indoor svolte tra novembre 2009 e giugno 2010, che hanno sempre evidenziato la totale assenza di elementi inquinanti e ciò in qualunque configurazione di esercizio degli impianti di estrazione, richiamati nell’articolo citato come possibile “strumento di risucchio dell’aria delle saie”.

Lo stesso e più volte richiamato “sistema a saie”, risalente al 1965 e, quindi, certamente in condizioni di vetustà, presenta – come evidenziato nell’articolo -, dei punti di rottura, a dire il vero nella parte sommitale delle pareti, dovuti a maldestri interventi di collegamento di tubazioni dentro la saia stessa, precedenti al 2009, che hanno determinato accumuli di detriti e conseguenti ostruzioni e zone di ristagno delle acque reflue. Ma tale condizione può determinare solo risalita di cattivi odori tipici della fognatura, a cui si è temporaneamente ovviato con la sigillatura dei pozzetti che collegano l’ambiente con la saia sottostante, poiché il sistema a saie raccoglie i soli reflui dei servizi igienici e dei lavandini dei laboratori e non è utilizzato per lo scarico di rifiuti speciali liquidi, che vengono raccolti e smaltiti secondo le norme di legge e le procedure fissate dallo specifico Regolamento di Ateneo per la gestione dei rifiuti speciali in vigore dal 2009.

Pertanto, non sussistono elementi di valutazione tecnica che possano determinare un aggravio nel tempo delle condizioni di contaminazione ambientale riscontrata.
A tal riguardo, appare utile far presente che il richiamo dell’articolo a un “ipotetico punto di scorrimento della falda acquifera a quattro metri” non ha alcun elemento di riscontro in nessuno dei carotaggi effettuati, anche a profondità superiori ai quattro metri.
Anche il riferimento agli eventi metereologici del settembre 2011 e febbraio 2013 è improprio e impreciso. Infatti, gli allagamenti verificatisi sono conseguenza del mancato deflusso delle acque meteoriche della Cittadella universitaria tramite la rete comunale esterna, che – risultando piena – funge da vero e proprio tappo. Ciò determina l’allagamento del piazzale esterno all’edificio e di conseguenza, al salire del livello, di una parte dell’edificio stesso, ma non vi è alcuna correlazione importante con il sottosuolo poiché l’acqua è defluita in poche decine minuti attraverso la rete delle acque meteoriche dopo la fine dell’evento piovoso.

Quindi, nessuno scenario apocalittico di stravolgimento dei dati rilevati nell’indagine preliminare e di migrazione verso presunte falde acquifere e nessun impatto sul sistema fognario che, durante tali eventi, ha lavorato normalmente.

Lo stesso sistema realizzato per la protezione dell’edificio è un investimento dovuto alla mancanza di un adeguata rete comunale per la raccolta delle acque meteoriche. Per quanto concerne le modalità di realizzazione del manufatto e la millantata violazione, si evidenzia come lo stesso è realizzato nel cortile esterno all’edificio, dove non è risultata presente alcuna contaminazione e che è stata regolarmente seguita la procedura di legge per le terre di scavo che prevede uno stoccaggio dedicato, la caratterizzazione del terreno con determinazione del codice CER e il conseguente conferimento a discarica (dalle analisi effettuate il terreno scavato non è risultato, a conferma delle indagini svolte, contaminato). Ciò ovviamente non è applicato ai manufatti esterni preesistenti (scale, scivola, etc.) che sono stati demoliti e smaltiti in discarica come da vostro reportage.

In conclusione, nessun silenzio e nessuna attesa, bensì la giusta attenzione di questo Ateneo agli aspetti ambientali e di sicurezza. Ciò è dimostrato dagli investimenti fatti in questi anni sul “Progetto sicurezza di Ateneo” (per il 2015 è già stanziato un finanziamento di 4 milioni e 200 mila euro) e su quelli già programmati, tra cui l’attenzionata completa ristrutturazione dell’edificio di Scienze chimiche (2,3 milioni di euro) finalizzata ad assicurare agli studenti aule e laboratori sicuri e di qualità per la loro attività didattica.
Interventi questi che saranno realizzati nel pieno rispetto delle norme e preceduti dal piano di caratterizzazione e analisi del rischio che sarà presentato al Consiglio di amministrazione a novembre e subito inviato agli enti competenti.
Infine, nell’ottica di una sempre maggiore prevenzione, è stata indicazione del rettore Giacomo Pignataro prevedere una campagna annuale di verifica ambientale dell’aria indoor nei siti a maggiore rischio che, per l’anno corrente, sarà svolta nel prossimo mese.

 

Piergiorgio Ricci
Dirigente APS Università di Catania

Redazione

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