Chiesta la gestione del Bastione degli infetti «Tutti sanno che c’è, nessuno ci si sofferma»

Dopo tanti anni a prendersene cura, il comitato popolare Antico Corso ha formulato una richiesta ufficiale di gestione del Bastione degli infetti di via Torre del vescovo. La struttura, fatta costruire da Carlo V nel Cinquecento, è parte delle storiche fortificazioni di Catania ed è un’area verde incastonata tra le case popolari e le vecchie abitazioni cadenti di via Plebiscito. Lunedì scorso, all’interno di quel giardino, la parrocchia dell’Immacolata concezione ai Minoritelli ha organizzato un presepe vivente. Niente di permanente, la manifestazione è durata un paio d’ore, ma padre Giovanni Romeo, che da 18 anni dirige la chiesa della zona, spiega, tranquillo: «Era importante esserci, per valorizzare un sito da troppo tempo abbandonato». Riscoperto anche grazie alla sua candidatura come Luogo del cuore del Fondo ambiente Italia. «Forse è stata proprio questa campagna a darci lo spunto per chiedere formalmente che il Bastione degli infetti ci venisse affidato», afferma Pippo Lanza, architetto e membro del comitato popolare. La finestra di casa sua dà proprio sullo spiazzo all’interno delle mura: «Quando ero bambino, questo era un giardino bellissimo. Poi l’ho visto diventare un posto in cui mettere al pascolo galline, maiali, capre e cavalli in attesa di essere macellati clandestinamente».

«Vedevo tutto, quando c’erano le scrofe non le dico la puzza», racconta Lanza. A occuparsi dell’area avrebbe dovuto essere l’Ipab Marianna Magrì, istituto pubblico di assistenza e beneficenza attualmente commissariato dalla Regione Sicilia. «C’è stata per un lungo periodo una signora che curava il bastione: era un giardino fiorito con qualche ortaggio. Poi la signora se ne andò e in mezza giornata questo posto venne completamente vandalizzato». Allevamento illecito per un periodo, discarica abusiva per un altro periodo, poi l’interessamento della giunta dell’ex sindaco Umberto Scapagnini e della Sovrintendenza retta da Antonio Fiumefreddo: «La riapertura durò poco, il Comune non mantenne l’impegno previsto e qui venne chiuso tutto di nuovo». Finché, il 21 novembre 2009, gli ex occupanti del cpo Experia fresco di sgombero lo hanno riaperto. E hanno consegnato simbolicamente le chiavi al comitato di quartiere, che da allora non le ha mai lasciate.

«Noi continuiamo a pulirlo, a renderlo agibile, a trasformarlo in un posto per tutti i cittadini. Perché il Bastione è un po’ come l’Antico Corso: tutti sanno che c’è, ma nessuno ci si sofferma – prosegue Lanza – Eppure i progetti per trasformarlo ci sarebbero, ci hanno fatto pure un concorso architettonico a carattere europeo su quest’area. C’è tanto da scoprire, ci sono studi condotti dal professore Giuseppe Datoche poi è anche stato preside della facoltà di Architettura». «Qualcuno ci ha chiesto perché ci teniamo tanto a questo posto», interviene Salvatore Castro, un’altra delle anime del comitato popolare del rione. «Sono solo quattro pietre, ci hanno detto – prosegue – È vero, sono solo quattro pietre. Forse, numericamente, un po’ di più. Però fanno parte della nostra storia, ci raccontano chi eravamo per spiegarci chi siamo. Sono quattro pietre e hanno addosso 500 anni di storia, non possiamo lasciarle nel niente. Dobbiamo pensarci noi». In attesa che la proprietà dell’area, adesso rappresentata da un commissario regionale, si pronunci sulla richiesta di affidamento formale.

Luisa Santangelo

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