Una scrittura «fitta», dove il siciliano si mischia all’italiano dando vita a forme originali e genuine mescolate dall’estro di colui che si è scoperto essere un grande narratore. Parliamo di Vincenzo Rabito, lo scrittore «inalfabeto», come usava definirsi, nato e vissuto a Chiaramonte Gulfi, nel Ragusano. Classe 1899, l’excursus dell’autore ormai usuale nei libri di testo, in questi anni è stato reso vivo prima dal figlio Giovanni, letterato, oggi residente in Australia. Gli scritti di Rabito sono stati ospitati inizialmente nell’archivio di Pieve Santo Stefano. Nel Comune della provincia aretina i quaderni dalle migliaia di pagine hanno fatto scoprire il profilo di un uomo che, pur «non avendo mai fatto un giorno di scuola, è diventato un caso letterario straordinario: una miniera che risponde a mille interrogativi del 900′. Racconta la guerra, la sua vita avventurosa, il suo vissuto». Sono le parole di Chiara Ottaviano, storica, e componente dell’Archivio degli Iblei.
Ottaviano è stata la produttrice di Terra Matta, documentario diretto dalla regista Costanza Quatriglio che prende il titolo dall’omonimo romanzo pubblicato nel 2007 da Einaudi. Il documentario è stato premiato col Nastro d’argento. Nel frattempo il lavoro di valorizzazione dei quaderni di Rabito è proseguito, sempre grazie all’opera dei figli e di tanti esperti del settore che sono rimasti incantati dalla sua opera, dal suo modo di narrare. Sulla scorta di questa grandezza condivisa è nato Il romanzo della vita passata, l’ultimo lavoro incentrato su Rabito. Per celebrare l’autore e la seconda uscita a Chiaramonte è stata Festacrante. Lo scorso 16 ottobre nel Comune del Ragusano si sono dati appuntamento esperti e appassionati, giunti anche dall’estero, per commentare e rendere omaggio alla figura e all’opera di Rabito. Ottivano ha raccontato il suo lavoro dedicato all’autore ai microfoni di Radio Fantastica. «Rabito non era andato a scuola, ma ha copiato la scrittura alla sorella – ha raccontato – Aveva una scrittura fitta e divideva le parole con il punto e virgola. I suoi quaderni erano quelli con la spirale: lui la toglieva e poi ricuciva i fogli».
Con una narrazione che subiva la forte influenza del siciliano parlato, Rabito si è reso testimone del suo tempo, raccontando con grande piglio i fatti avvenuti attorno a lui. E su questi racconti spediti, sono stati tanti gli studiosi che hanno avvalorato il linguaggio di Rabito. «Per Paola Gallo, responsabile della narrativa italiana per Einaudi, è stata la scommessa più alta, poi vinta – prosegue la storica – Gianni Zappalà, docente di Sydney di origini italiane ha scoperto dei motivi affettivi e adesso sul caso Rabito vuole scriverci un libro. Rabito è un ultimo che prende la parola, il suo punto di vista però è sempre interessante: è arrabbiato con il mondo, è umile, ma non è un vinto. È un uomo del 900 con le sue aspirazioni. L’istruzione di cui non ha potuto beneficiare, sarà dei suoi figli». Ottaviano definisce il primo libro Terra Matta impetuoso. Adesso il secondo volume, che racconta ancora la storia di Rabito « Il lavoro di questi ultimi anni è stato – conclude – quello di proporre delle varianti e una lettura diversa».
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