Chi ha paura del nucleare?

8/9 novembre 1987. La decisione sembrava scontata, ma c’è voluto un referendum per renderla effettiva. L’Italia dice no al nucleare. La paura per ciò che è successo a Chernobyl poco più di anno prima è ancora tanta.

E proprio in questi giorni, al ventennale del referendum abrogativo, si è riaperto in Italia un dibattito sull’uso dell’energia nucleare in Italia, dibattito che vede contrapporsi come vent’anni fa pro e contro-nuclearisti.

E come vent’anni fa le ragioni che contrappongono le due fazioni sono sempre le stesse.

Da una parte ci sono i nuclearisti che affermano che un uso del nucleare in Italia sarebbe utile per tre ordini di motivi:

 

·          contrastare il prezzo del greggio che giorno dopo giorno raggiunge prezzi sempre più elevati e troppo insostenibili per i consumatori;

·          contrastare l’inquinamento da Co2, che oggigiorno è causa di mutamenti climatici sempre più veloci e sempre più pericolosi per l’uomo;

·          far sì che l’esaurimento dei combustibili fossili non sia un problema in un immediato scenario futuro.

 

Dall’altra invece i contro-nuclearisti contrappongono motivi assai più concreti e reali ad un eventuale uso dell’energia nucleare, che sono:

 

·          costi elevati per la produzione e l’acquisto di un chilowattora: difatti per l’acquisto di un chilowattora ci vorrebbero 6,13 dollari contro i 5,34 dollari per energia prodotta da carbone, i 5,05 per l’energia eolica e i 4,96 per l’energia prodotta dai gas;

·          il difficile smaltimento delle scorie radioattive:  lo smaltimento delle scorie radioattive risulta difficile poiché queste stesse impiegano migliaia di anni prima di scomparire del tutto.  Inoltre costi e rischi connessi alla messa in sicurezza di siti di stoccaggio radioattivo sarebbe troppo elevati e non mantenibili per un lasso di tempo così lungo ed indefinito;

·          le fonti di energia rinnovabile: l’Italia è un paese che geograficamente e per sua natura può sfruttare fonti di energia rinnovabile (e pulita) quali il sole, l’acqua o il vento.

 

Sulla stessa linea dei contro-nuclearisti si pone Jeffrey Rifkin, teorico dell’economia dell’idrogeno e consulente dell’Unione Europea, il quale consiglia all’Italia di investire di più su impianti che possano sfruttare al meglio l’energia prodotta da acqua,vento e sole e che adduce cinque buone ragioni per non passare al nucleare:

 

ü        costi di produzione troppo alti per la costruzione di centrali atomiche e la produzione di energia nucleare;

ü        costi di produzione e rischi connessi allo smaltimento delle scorie radioattive;

ü        graduale riduzione dell’uranio, di cui ci sarà una grave carenza entro il 2025;

ü        contrarietà all’uso del plutonio al posto dell’uranio come fonte di energia alternativa per le centrali atomiche: esso sarebbe solo mezzo per far aumentare i rischi connessi ad eventuali attacchi terroristici;

ü        sovra utilizzo delle risorse idriche per far raffreddare le centrali atomiche, sovra utilizzo che nel caso specifico non ci si può permettere visto e considerato che ad ogni estate che passa ill rischio siccità si fa sempre più imminente.

 

Infine bisogna dire che in Italia, anche dopo vent’anni, la paura verso il nucleare è ancora tanta e generalizzata.

Basti ricordare le proteste che nel 2003 si sollevarono a Scansano  Jonico quando questo fu indicato dal governo Berlusconi come sito di stoccaggio di scorie radioattive. E oggi come allora  il nuclere è per gli Italiani un a grave minacaccia.

Rosario Cappello

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