Chi è lo straniero?

A volte accadono avvenimenti così tragici e così estranei al nostro vivere quotidiano, che vengono valutati oggettivamente come eventi scatenati da pulsioni folli. Questo il metodo utilizzato per analizzare i fatti della strage di Erba, in cui, l’undici dicembre 2006, persero la vita Raffaella Castagna ed il figlio, il piccolo Youssef, la madre di Raffaella, Paola Galli, e la vicina di casa, Valeria Cherubini. Pochi indizi, alcun riscontro e molte, troppe supposizioni. Poi, a quasi un mese dal delitto, la svolta: il marito della Cherubini, accoltellato dallo stesso uccisore di Valeria, e salvatosi per un difetto congenito, rivela nuovi dettagli del misfatto: da qui l’indagine che porterà all’arresto di Olindo Romano e Rosa Bazzi, la coppia della porta accanto. Sono stati proprio quei vicini di casa dall’aria così innocua gli artefici dell’atroce assassinio. Il movente? Vecchi rancori condominiali, incomprensioni e dissapori mutatisi in profondo odio, arrivando a sfociare in spietata violenza, o almeno è quello che si è ricavato dall’interrogatorio ai coniugi. Si è subito pensato ad una follia di coppia, ad un raptus omicida a due a causa di turbe psichiche derivanti dal vissuto di entrambi, dalle dolorose esperienze del passato, come il non poter avere figli, che secondo alcuni fu il motivo scatenante per il quale la Bazzi, presa da implacabile rabbia mista ad invidia, uccise Youssef, un bimbo di soli due anni, recidendogli la gola, come ad un animale al macello. Ma voi credete possibile che una donna desiderosa d’esser madre possa compiere un gesto così crudele e meschino con mano ferma e sangue freddo? E’ contro natura. Voglia di maternità e ferocia non sono due impulsi che normalmente possono coesistere. Generalmente non possono convivere. Ma in una precaria stabilità mentale tutto è consentito. Mi viene da pensare che giudicarli incapaci di intendere al momento del crimine sia un modo per “giustificare” un orrore ingiustificabile, per far sì che questo gesto efferato possa essere percepito come una terribile disgrazia accaduta perché la follia non può essere tenuta sotto controllo, e soprattutto per accertare che la disumanità di quel giorno fosse troppo lontana da noi, altro mondo: una sventura svoltasi in un determinato contesto, in un ambiente ben definito. La barbarie racchiusa in quel cortile, per sempre. Il nostro modo di vivere torna spensierato come sempre, nessun turbamento, zero preoccupazioni: niente di ‘nostro’ viene intaccato. Purtroppo quello che è accaduto giorno undici dicembre 2006 ad Erba riguarda tutti, ed è proprio questa la ragione per la quale abbiamo tanta paura. E non è solo perché due vicini di casa hanno organizzato un gioco al massacro sul pianerottolo e sono andati a mangiare un cheeseburger dopo aver messo in lavatrice le maglie intrise di sangue, e non concerne solamente l’angoscia conseguente ai fatti di Erba pensando alla sfuriata di qualche mese fa del signore del piano di sotto contro il tuo gatto ed il tuo tono di voce, troppo alto e acuto quando sgridi il micio, o le lamentele della signora che da parecchie settimane non sopporta né come suona il tuo citofono né il modo in cui chiudi la porta. Siamo inquieti perché sappiamo benissimo che tutto quello che è diverso da noi, dal nostro modo di vedere le cose viene accolto con diffidenza. Inutile essere ipocriti. Il nostro è un paese ancora poco abituato ad accettare lo “straniero”; benché l’immigrazione sia una costante da parecchi anni, ci si è abituati a ghettizzare il prossimo come se stessi, tra autocommiserazione e diffidenza. Ognuno per i fatti propri,  a guardare solamente il proprio lembo di terra, topi di città che considerano se stessi come nuovi, e a mio parere artefatti Candido, senza pensar d’essere egoisti e bigotti: continuano a ripetere che il faut cultiver notre jardin e nient’altro. E quando lo “straniero” passa dal proprio ghetto ad un altro, la cosa può anche essere vissuta come se fosse un intruso, una persona che non è rimasta al proprio posto, che ha spezzato l’ ordine delle cose, un’intima armonia in cui non è previsto alcun cambiamento e nessun estraneo. Qui si tratta di un male che non attanaglia il genere umano da anni, ma da secoli: pura, semplice nauseabonda xenofobia. La famiglia di Raffaella era particolare: il marito non era italiano, era stato in carcere e addirittura era riuscito a riappropriarsi della propria vita e a reinserirsi nella società; il piccolo era il frutto di un amore che i maledetti assassini dell’appartamento di fronte non riuscivano a concepire; la madre della Castagna una connivente e così tutto l’entourage della famiglia “diversa”, troppo chiassosa, troppo poco rispettosa…tutto questo era troppo per esser tollerato dai Romano. Questi due ripugnanti razzisti credevano di dover intervenire, erano convinti di poter riassettare gli equilibri del loro mondo facendo appunto la loro giustizia, in base alla loro visuale di realtà. Non credo assolutamente che siano folli, al contrario, sono convinta che  abbiano saputo sfruttare la loro lucidità mentale e la loro brutalità per eliminare i vicini “scomodi” senza lasciare troppe tracce e vivere tranquilli senza quella famiglia felice, serena e veramente normale che tanto odiavano.

Eleonora Spadaro

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