Cheops, il satellite con gli occhi catanesi Viaggio alla scoperta dei viaggi impossibili

La città di Catania è da molti considerata un terreno fertile in buona parte delle imprese scientifiche investigative più attuali e l’avvio operativo del satellite Cheops, un’impresa il cui scopo è quello di ricercare e studiare gli esopianeti (cioè esterni al sistema solare) disseminati tra i meandri dell’Universo, ce ne dà sicuramente prova. Un’avventura così allettante – dopo il lancio in orbita di dicembre 2019 e i successivi mesi di test – non poteva che far gola alle menti degli scienziati catanesi: i ricercatori dell’istituto nazionale di Astrofisica di Catania hanno preso parte a questo audace progetto entrando anche nel merito della progettazione strumentale – realizzando il telescopio -, testimoniando così a livello internazionale la passione e l’alta formazione della comunità scientifica locale.

Possiamo affermare con placidità che il desiderio di sapere se esistono altri pianeti soprattutto simili alla Terra accomuna praticamente l’intera umanità, tanto da sembrare più un sogno che un ambito di ricerca. Questa aspirazione, quando si articola nell’immaginazione dei più, sfocia spesso nella fantascienza. Il mirabile tentativo di appassionarsi e pensare in modo scientifico ai pianeti nell’universo si scontra a livello pratico con un’unica incongruenza: la presenza di un essere umano che cerca i pianeti dentro i satelliti ed insieme alle sonde. Una scena sicuramente affascinante ma attualmente del tutto impensabile per una ragione che tutti siamo in grado di comprendere: le radiazioni.

Facciamo momentaneamente un passo in un’altra direzione e rivolgiamo la nostra attenzione ai disastri nucleari che hanno coinvolto diverse centrali nel corso della storia più recente. Nonostante siano passati anni, non è ancora possibile per l’uomo recarsi personalmente in loco né tantomeno sopravvivono le varie strumentazioni robotiche poiché l’intensa presenza di radiazioni corrode qualunque materiale inorganico o tessuto biologico. Tornando alla nostra odissea nello spazio, bisogna sapere che attorno al pianeta terra vi è uno schermo invisibile generato dalla dinamo terrestre che ci protegge dalle potentissime radiazioni provenienti dal Sole. Un esempio pratico sono le aurore boreali, manifestazioni energetiche dell’interazione tra lo schermo magnetico terrestre, detto magnetosfera, e la radiazione interplanetaria.

Allo stato attuale siamo in possesso di una tecnologia abbastanza avanzata da permettere anche ad un essere vivente di aspirare ad arrivare su Marte solo che, a causa dell’ambiente estremamente radioattivo, ci arriverebbe in procinto di morte. Il problema dunque è più inerente ai materiali utilizzati che al modo e alla possibilità di arrivare per esempio su Marte: il punto è che, almeno per adesso, non abbiamo materiali in grado di resistere a simili condizioni e, quindi, non risulta attuabile l’idea di inviare organismi viventi all’esterno della magnetosfera terrestre. Così, se non è possibile per un essere umano arrivare a due passi dalla Terra, figurarsi fuori dal sistema solare.

Questa condizione non deve comunque fare desistere nell’intento. Deve anzi stimolare a immaginare, sognare e ricercare, magari puntando preventivamente a chiarire i fattori che caratterizzano la questione. E nel nostro territorio per fortuna le occasioni in cui conoscere e approfondire questi aspetti sono davvero numerose, così come la possibilità di confrontarsi con figure altamente specializzate e attive in prima linea.

Vera Pecorino

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