Che fine hanno fatto le fiere dei morti di Palermo? Una tradizione centenaria che rischia di sparire

Erano i primi anni del Novecento, per l’esattezza il 1914 e il pittore palermitano Michele Catti, uno dei più apprezzati paesaggisti siciliani del secolo che si era da poco concluso, dipinse il suo ultimo quadro: La fiera dei morti. L’opera, custodita tutt’ora alla Gam, immortala un istante di vita a Piazza Marina durante la festa che ogni anno porta nella piazza di fronte all’ex carcere dell’inquisizione bancarelle ricche di dolci e giochi di ogni tipo. Un quadro un po’ malinconico, dove sono gli stessi avventori, vivi e vegeti, a sembrare dei fantasmi tra le bancarelle, che da par loro si sono fatte trovare pronte per un avvenimento che già da tempo immemore si ripete. Forse per fugare il concetto così serio della morte, forse semplicemente per ricordare i defunti che non sono tra noi da tempo e parlarne ai bambini, ma a Palermo la festa dei morti è quella dei più piccoli. Ma cosa rimane di quella festa?

«Ricordo che da piccolo sotto il periodo dei morti mi arrivavano i regali quelli buoni – dice Giuseppe, intervistato nei pressi di Piazza Marina insieme al figlio – Per i morti ho ricevuto la mia prima bicicletta e anche quelle successive. Adesso non è rimasto quasi più niente, ci sono bancarelle che vendono ancora i pupi di zucchero, ma anche queste sono sempre meno. Credo che questa tradizione si stia perdendo». A fargli eco è Sonia, una mamma. Anche secondo lei «non è più la festa che era ai nostri tempi. Poi ora i giocattoli sono diversi e sulle bancarelle ci sono sempre le stesse cose». Off limits, per lei, i pupi di zucchero. «Io non ne ho comprati mai – dice – chissà con cosa li fanno. E poi tutto quello zucchero fa male al bambino». 

Piazza Marina, dunque non è più il centro del mondo per il palermitano a ridosso del due novembre, ma sono tanti altri i posti in cui dei piccoli mercati sorgono apposta. Il più noto, forse, è quello di fronte al carcere Pagliarelli. Poi alla Zisa, al parcheggio degli Emiri, in via Perpignano. Ma il sapore un po’ misterioso dell’antica ricorrenza dei defunti, forse, si è diluito ed è stato sostituito da altro. «Ci sono solo cose spaventose che rimangono da Halloween e cose di Natale, che ogni anno arriva sempre prima» dice un passante. «Sono un precario – spiega Franco – Mio nonno mi portava sempre qualche giocattolo per i morti e lo aspettavamo con ansia, io e mia sorella. Ora la tradizione non la seguiamo più tanto, per un paio di anni lo abbiamo fatto, ma poi ho avuto problemi con il lavoro e ho dovuto abituarli diversamente. Anche se qualcosina la ricevono sempre, ma il regalo vero lo ricevono a Natale. Eh, la crisi c’è pi tutti».

Gabriele Ruggieri

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