Chaplin’s circus

L’arte del mimo ispira una sorta di amena tranquillità, data dall’essenzialità dei suoi strumenti. “Eccomi, sono un uomo” – sembra suggerire – “e questo è tutto quel che ho“.
Probabilmente è per questo che riesce a trasmettere una rara melanconicità. Il mimo rispetta i tempi del corpo, in quanto è di questo che si serve e sembra non aver fretta. Per una volta il tempo dell’uomo sembra quello giusto.

È quanto perfettamente incarnato da James Thierree, figlio d’arte e nipote di Charlie Chaplin, nello spettacolo “La veille des abysses”, inscenato il 12 ed il 13 marzo al teatro Metropolitan di Catania, insieme agli attori della sua compagnia Raphaelle Boitel, Niklas Ek, Thiago Martins ed Uma Ysamat. Una messa in scena doppiamente straordinaria, per l’essere fuori dal comune e per l’incredibilità delle rappresentazioni mimiche, canore, acrobatiche e circensi poste in essere quasi come in un film di Tarantino, dove più storie si incardinano all’interno di un’unica opera ed alla fine, a quella tanto imbarazzante quanto affascinante sensazione di non aver compreso proprio tutto, si accompagna quella di aver appena assistito ad un capolavoro.

Uno spettacolo completo, intriso di genialità, la cui costante è la fusione onirica tra vari tipi di arte, in modo così gradevole, che sottofondo di riserva alle musiche di Tom Waits sono le risa di adulti e bambini. Punto di forza è un’invidiabile padronanza del corpo, a sua volta “padrona” assoluta del palcoscenico, nella miriade di gesti che connotano l’esibizione: dal totale irrigidimento fisico della persona che ne comporta la trasformazione in una vera e propria valigia umana trasportabile a mano, dagli arrampicamenti su cancelli e ruote in movimento, all’esilarante litigio tra uno degli attori e la propria mano, eccezionalmente posta in essere come contro un altro uomo, fino ad un pindarico volo umano, che ha riportato un po’ tutti nel poetico mondo di Peter Pan, così in alto da toccare quasi il sogno in una scenografia da dipinto, dove i personaggi saltano e piroettano lasciando intatto il resto del ritratto.

Cala il sipario, mentre gli artisti sono ancora sospesi in aria. Non sai se hai compreso proprio tutto, ma avverti un’insolita sensazione di leggerezza e libertà.
Forse è la prova che si è trattato di un capolavoro.

Antonia Maria Arrabito

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