C’era una volta San Martino delle Scale In un video il degrado del polmone verde

Ci sono dei luoghi in Sicilia che pur essendo bellissimi non fanno notizia. Sono preziosi angoli nascosti che vivono all’ombra delle grosse mete turistiche. Nessuno li include nella top-ten dei posti assolutamente da non perdere e nessuno ne scrive sulle guide. Non se ne parla, insomma. Almeno non come Cefalù, Taormina o qualsiasi altro fiore all’occhiello del turismo siciliano.

Uno di questi luoghi belli e di cui si parla poco è San Martino delle Scale. Si tratta di una frazione di Monreale, a una ventina di minuti d’auto dalla città di Palermo e a poco meno di 600 metri sul livello del mare. Monreale sì, quella è molto conosciuta e presa d’assalto da migliaia di turisti che si recano a far visita al Duomo, gioiello artistico e patrimonio Unesco per via dei suoi mosaici famosi in tutto il mondo. San Martino, però, non offrendo grosse attrattive (a parte un antico monastero benedettino molto interessante e splendidi scorci panoramici) è frequentata da villeggianti e vacanzieri giornalieri palermitani che in estate salgono a prendersi il fresco, ad arrostire salsiccia e ad apparecchiare improvvisate tavolate sull’erba. San Martino è un’oasi verde che, nonostante i continui e devastanti incendi di ogni estate, stringe i denti con forza e continua a resistere. C’è un particolare, però, per cui San Martino è famosa ed è il singolare costume di molti suoi abitanti (e di quelli che salgono a prendersi il fresco) di abbandonare qualsiasi tipo di rifiuto sia in loro possesso. 

Ovviamente questa è un’usanza diffusa in tutto il territorio siciliano e ben nota soprattutto ai turisti che rimangono sbigottiti di fronte a certe scene. Questi sfortunati luoghi, purtroppo, hanno il destino di essere terra di nessuno: sono i fanalini di coda di Comuni che si trovano già in situazioni piuttosto malconce e figuriamoci se le amministrazioni possono trovare il tempo e il pensiero di occuparsi di una frazione che in estate è piena di gente, sì, ma che di fatto conta circa 400 abitanti che, tradotto in termini operativi, significano 400 elettori: troppo pochi per scomodare mezzi e risorse. E allora capita che durante una passeggiata in uno dei sentieri panoramici che partono dalle pinete di San Martino si assista a scenari molto contrastanti tra loro. Da un lato si resta in silenzio di fronte a un panorama ineguagliabile: la maestosità di Monte Cuccio e ai suoi piedi il rigoglioso Monte Petroso; in fondo il promontorio di Monte Pellegrino che domina il mare e tutta la città di Palermo che, immobile, brilla sotto il sole. Da quassù la vista spazia a 360 gradi da Capo Gallo a Capo Zafferano fino a intravedere, dietro le Madonie, l’Etna. Dall’altro lato, però, circondati dall’assordante canto delle cicale, la passeggiata potrebbe riservare qualche sorpresa. Non è raro, infatti, dover fare la gimcana tra rifiuti di vario genere abbandonati nelle zone più di passaggio. Ci si trova davvero di tutto: frigoriferi, televisori, materassi, ombrelli, pannolini, assorbenti, cartoni della pizza, lavandini, bottiglie di tutti i tipi, scarpe, fusti e, l’immancabile e onnipresente eternit.

Poco sopra San Martino esiste, poi, una realtà ancora più piccola: il Villaggio Montano. Una spicciolata di graziose villette immerse nel fitto verde delle pinete: «Una piccola Svizzera vista mare» amano definirla i suoi abitanti. Qui, nell’assoluto oblio e abbandono da parte delle istituzioni, è nato un comitato spontaneo di villeggianti (su Facebook: SalviAMO il Villaggio Montano) che si autogestiscono. Si sono rimboccati le maniche e, a proprie spese, hanno liberato alcune strade dalle sterpaglie che le rendevano inagibili, hanno costruito la segnaletica in legno, hanno pulito dai rifiuti la pineta della piccola Cappella Montana. Questa è la triste realtà dell’unico polmone verde di Palermo, ad appena 15 chilometri dal capoluogo siciliano. Quindici chilometri: troppo pochi per tenere a distanza l’inciviltà umana ma già sufficienti per piombare nel dimenticatoio e nella totale indifferenza da parte delle istituzioni.

Michela Costa

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