Il provvedimento aveva causato scintille già in Aula. Adesso Legambiente Sicilia si appella direttamente a Palazzo Chigi. C’è una norma, contenuta nelle variazioni di bilancio approvate negli scorsi giorni da Sala d’Ercole, che consente ai privati – aveva denunciato negli scorsi giorni il deputato 5 Stelle Giampiero Trizzino – di «presentare piani particolareggiati per immobili nei centri storici, ai quali i Comuni si devono adeguare, bypassando i vincoli che tutelano il patrimonio storico, artistico e culturale».
La norma aveva destato stupore anche per via della modalità con cui era stata inserita nelle variazioni di bilancio, attraverso un emendamento a firma del deputato renziano Nello Dipasquale e contro la quale era insorto in Aula il collega di partito Anthony Barbagallo, che l’aveva definita una marchetta. Qualche giorno dopo, l’ex capogruppo dem Antonello Cracolici non aveva esitato a definire la stessa norma «una cazzata». E neanche Trizzino e Legambiente c’erano andati giù leggeri.
Adesso l’associazione ambientalista presenta ricorso al Consiglio dei Ministri contro la norma sui centri storici, «perché in netto contrasto con il Codice dei Beni Culturali». Secondo la tesi di Legambiente, infatti, il codice «chiarisce, oltre ogni ragionevole dubbio, che i centri storici, intesi come unico organismo edilizio e non come sommatoria di edifici di diverso valore, sono beni paesaggistici in quanto aree di notevole interesse pubblico». Ma c’è di più: sempre secondo la legge quadro sui beni culturali, i centri storici «non possono essere oggetto di interventi che rechino pregiudizio al valore tutelato» e per questa ragione «ogni intervento deve essere preventivamente autorizzato dall’amministrazione a cui compete la verifica sulla sua compatibilità: la Sovrintendenza».
Nel caso dei centri storici dotati di strumento di pianificazione, la compatibilità è stata espressa sul piano di recupero e, quindi, non è necessario esprimerla sui singoli interventi. Questi, però, devono essere necessariamente coerenti con il piano approvato. Le modifiche prodotte prima dalla legge 13/2015 e, soprattutto, dei due commi dell’art. 5 dell’ultima manovra correttiva del bilancio, fanno decadere di fatto il controllo preventivo sulla compatibilità espresso dalla Sovrintendenza che si deve esprimere all’interno di una conferenza di servizi nell’ambito della quale il proprio parere è obbligatorio ma non più vincolante. «Addirittura – denunciano ancora gli ambientalisti -al comma 9 si prevede che queste modifiche prevalgano pure sui piani già vigenti nei centri storici. Quindi, si potrà intervenire in modo difforme rispetto a quanto precedentemente pianificato dal comune e autorizzato dalla Sovrintendenza. Tutto ciò in palese e insanabile contrasto con il Codice dei Beni Culturali».
Secondo Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia, quel provvedimento «davvero una vergogna. Ma, oltre alla giusta indignazione, esprimere posizioni contro e fare appelli affinché il Governo la ritiri, occorre agire. E, così come abbiamo fatto altre volte, presentiamo, la richiesta al Consiglio dei Ministri, in particolare al Ministro dei Beni culturali, di impugnare questa norma scellerata».
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