Cavadee, il rito religioso induista attraversa la città Guance e lingua infilzate. Colori e balli di Mauritius

Un pezzo di
Mauritius che si muove attraverso Catania, dalla sabbia della Playa fino alle torri del Castello Ursino. Domenica, in occasione della cerimonia religiosa del Cavadee, un centinaio di catanesi originari dell’isola che si trova nell’oceano Indiano ha rinnovato le usanze tradizionali del rito induista tamil. I fedeli più ferventi hanno percorso un cammino penitenziale con la lingua e le guance perforate da aghi, sulle spalle degli altarini dedicati alla divinità Muruga, e hanno completato la processione con ai piedi scarpe chiodate con la punta rivolta verso le piante. I colori, i profumi, gli abiti, le musiche tradizionali mauriziane hanno incuriosito cittadini e turisti.

Senza un
tempio vero e proprio, la comunità mauriziana induista si riunisce al piano terra di un’antica abitazione vicina al Castello Ursino. Senza un fiume in cui purificarsi, prima d’iniziare il rituale, i fedeli si trasferiscono alla spiaggia libera numero uno della Playa, preferendola alle rive inquinate del torrente Acquicella. E per trasportare gli altari, le statue e gli oggetti di culto da cui sono accompagnati chiedono aiuto a un giovane trasportatore occasionale, Alessandro. Il ragazzo carica tutto a bordo di una scoppiettante Apecar. «C’ha dumannari vinti euro, mi raccomando», gli consiglia con voce roca un più anziano concittadino.

«Un
esempio di integrazione ma pure di adattamento ai costumi locali», commenta un uomo incuriosito, che ha fermato la sua bicicletta al lato della strada. La processione è scortata dalla camionetta dei
vigili urbani che regolano il traffico nel tragitto verso il Castello Ursino. Ma spetta loro pure l’incombenza di rispondere agli automobilisti – alcuni incollati al clacson, altri alla fotocamera del telefonino – su quanto accade qualche decina d’auto in coda più avanti. A ogni incrocio il sacerdote lascia cadere sull’asfalto una fiammella alimentata dall’olio, che deve essere vigilata da un fedele fino allo spegnimento.

Il corteo si ferma più volte lungo il
percorso penitenziale, che secondo la credenza induista lava dai loro peccati i fedeli. I quali osservano dieci giorni di digiuno in previsione della ricorrenza. «Sembra di stare in India», commenta un turista. I balli e le musiche sacre sono i momenti che attraggono di più la curiosità dei passanti. Sull’altarino della divinità viene offerta della frutta: pere, cocco, banane. Su queste ultime vengono conficcati degli stecchini di incenso. Alcune donne trasportano, appoggiati sulle loro teste, dei contenitori di latte. Se non si sarà guastato, nonostante il caldo della giornata più torrida di primavera, sarà la prova che il loro sacrificio è valso la remissione dei peccati.

Marco Di Mauro

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