Catturato a Viagrande latitante Andrea Nizza Era ritenuto il capo di Cosa nostra a Catania

Dopo due anni e un mese, è finita la latitanza di Andrea Nizza. L’ultimo introvabile di Cosa nostra etnea è stato scovato dentro una casa di Viagrande dagli uomini del reparto operativo speciale dei carabinieri. Alla vista dei militari, il ricercato non avrebbe opposto resistenza e con lui è finita in manette pure una coppia di coniugi, accusati di favoreggiamento. Occhi scavati, qualche chilo in più e con tanti capelli in meno, rispetto all’unica foto segnaletica in circolazione, Nizza prima di essere portato via ha indossato una camicia nera con giacca a pois.

L’uomo, 30enne, è considerato dagli inquirenti il capo della famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano di Catania e aveva fatto perdere le sue tracce alla fine del 2014. Quando il tribunale etneo lo aveva condannato a sei anni e otto mesi, nell’ambito del processo scaturito dall’operazione Fiori bianchi. Da quel giorno Nizza era diventato introvabile, accrescendo il suo potere criminale tanto da essere inserito tra i latitanti più ricercati dalle forze dell’ordine. 

L’ex latitante appartiene a una dinastia di mafiosi specializzati nel business del narcotraffico, in particolare con l’Albania. L’ultimo dei cinque fratelli di Nizza a finire in manette, durante l’operazione Polaris dello scorso novembre, è stato Salvatore, detto mpapocchia, e il figlio di quest’ultimo, Dario. Ci sono poi il sanguinario Daniele e sopratutto Fabrizio. Che dal 2015 ha deciso di tradire la famiglia per iniziare a collaborare con gli inquirenti. Un pentimento che ha mandato in crisi la cosca e le tradizionali roccaforti nei quartieri di Librino, San Cristoforo e San Giovanni Galermo, con centinaia di arresti e sequestri di armi e droga che si sono susseguiti a ritmo incessante. L’uomo ha puntato il dito anche contro il fratello catturato oggi.

Sulle spalle di Andrea Nizza pesano numerose condanne, non ancora definitive. Negli ultimi mesi l’emergente ha collezionato pene per tentata estorsione, usura, lesioni, traffico di droga e omicidio. Un pedigree che – stando alle sentenze – ammonta già a più di 50 anni di detenzione da scontare. Le ricerche non sono state semplici, perché il boss ha goduto di una fitta rete di fedelissimi che gli hanno garantito l’irreperibilità dalle forze dell’ordine. Almeno fino a oggi.

Dario De Luca

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