Catania, torna il documento elettronico «Siamo operativi, ma i costi sono alti»

La carta d’identità elettronica è finalmente di nuovo disponibile per i catanesi. «Il ministero dell’Interno ci ha inviato i supporti nuovi e siamo tornati operativi», afferma Luciana De Luca, la responsabile del Centro elaborazione dati del Comune di Catania, l’unico ufficio autorizzato al rilascio dei documenti elettronici. Il servizio è iniziato nel 2001, ma non è mai entrato a regime né a Catania né nelle altre città italiane in cui è disponibile. E l’ultima volta, circa un anno fa, si è bloccato proprio a causa dei supporti, ovvero le schede elettroniche, tanto scadenti da aprirsi in due. Dallo scorso giugno però la situazione sembra essere del tutto cambiata. Il servizio è tornato operativo e tale dovrebbe rimanere dato che della manutenzione «se ne occuperà il Comune», spiega De Luca, senza più dover aspettare i tempi del Ministero che ne ha iniziato la sperimentazione. «Facciamo dalle quattro alle dieci carte d’identità al giorno», dice la responsabile dell’ufficio.

Seppure il servizio abbia ripreso a funzionare, alcuni dettagli potrebbero far sì che l’utente catanese che va al Ced per la sua nuova carta d’identità elettronica non possa comunque sfoggiarla. Il servizio è infatti in rete con il Ministero e con il centro dati dell’agenzia delle Entrate e dell’Ina, Indice nazionale delle anagrafi. Se manca la rete, tutto si blocca. Inoltre «il codice fiscale deve essere allineato in tutte le banche dati», aggiunge Luciana De Luca. Se così non fosse, si dovrebbe provvedere all’allineamento: operazione che, se da una parte è positiva per l’organizzazione di tutti gli uffici, dall’altra porta via altro tempo. Prima di arrivare in via Castello Ursino inutilmente, conviene dunque telefonare prima. Operazione non semplice: il numero telefonico dell’ufficio si trova infatti sul sito del Comune di Catania ma, per rintracciarlo, bisogna prima sapere che solo il Ced è autorizzato al rilascio del documento elettronico. Nessun avviso, né sul web né cartaceo negli uffici, comunica che è possibile scegliere tra la carta e il microchip. Così come nessun avviso è stato affisso per informare prima dell’interruzione e poi della ripresa del servizio.

Poca informazione su un documento che dovrebbe semplificare la vita, almeno quella burocratica, sostituendo del tutto quello cartaceo. Cosa che non è mai successa in nessun comune. «Il Ministero ha spinto molto all’inizio per un uso massivo e quasi esclusivo – dice la responsabile – È stata anche creata una società mista apposita, ma tutto è finito in una bolla di sapone e non se ne parla quasi più». Forse complice di questa situazione è il costo del servizio. «Alto sia per gli enti che per gli utenti». Quest’ultimi pagano 20 euro, da versare direttamente sul conto corrente del ministero dell’Interno, «che poi dovrebbe provvedere a restituire ai comuni circa 80 centesimi», spiega De Luca. Il costo della carta d’identità cartacea è invece poco più di cinque euro, un terzo, e senza il passaggio dal Ministero alle amministrazioni locali.

Non in tutti i comuni italiani comunque il costo è lo stesso. In alcuni si paga circa 25 euro, in altri, come a Catania, 20 euro e a Milano, unico caso, il costo della carta elettronica è identico a quello della carta standard. «Noi abbiamo applicato alla lettera il decreto ministeriale che impone il costo di 20 euro, quello che fanno gli altri mi sembra un modo per incassare delle somme», dichiara la responsabile del Ced. Milano è invece un caso isolato. Il comune meneghino ha fatto causa al Ministero per l’imposizione di tale somma al Tar del Lazio e ha vinto riuscendo a equiparare il prezzo delle due tipologie di documenti. «Purtroppo tale sentenza vale solo per i diretti interessati e non possiamo applicare anche a Catania lo stesso prezzo. Ma, poiché si tratta di un documento obbligatorio, vorremmo intraprendere questa strada». Secondo Luciana De Luca, non solo «sarebbe giusto che la popolazione non avesse differenze di prezzo», ma tutta la somma dovrebbe essere incassata dai comuni. «Perché siamo noi che facciamo tutto – conclude – il Ministero sa solo incassare».

 

[Foto di pepe50]

desireemiranda

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