È una giornata triste per i tifosi del Catania. La gara contro il Pescara, in Abruzzo, era stata presentata come fondamentale per comprendere, una volta per tutte, a quale traguardo avrebbe potuto ambire la formazione rossazzurra. Rinviata la gara di Modena, quella dell’Adriatico era la prima trasferta in cui poter misurare la forza del nuovo Catania affidato a Marcolin, ricostruito in gennaio con otto innesti nell’undici titolare.
Unica squadra della B a non aver mai vinto fuori casa, tre punti frutto di una prestazione convincente erano l’unico risultato con cui il Catania avrebbe potuto dimostrare di avere trovato il passo giusto per avvicinarsi alla zona play-off. Il solo traguardo, realistico, rimasto per centrare la promozione programmata in estate ma complicatasi maledettamente nel corso del girone d’andata, che ha portato la squadra in piena zona retrocessione.
Prestazione ed il risultato maturati dopo cinque minuti di recupero fugano ogni speranza rimasta, se non quella degli intransigenti. Nonostante la superiorità numerica, mantenuta sin da prima dell’intervallo, il Catania conclude raramente in porta e impensierisce solo in un’occasione la difesa avversaria. Pare la copia, imbruttita dalla pioggia che scende su Pescara, della squadra che a fatica, solo in superiorità numerica e solo al 92esimo era riuscita a pareggiare contro il Crotone, lunedì scorso.
In mancanza dell’arbitro Sacchi, da analizzare resta la prestazione della squadra. L’impatto del Catania sulla partita è parso adeguato alla posta in gioco giusto nei primi 15 minuti di gara e per brevi tratti della seconda frazione. Che la ragione sia atletica, tecnica o tattica lo decideranno come sempre i bar dello sport, il campo lascia in dote due verità: non è questa la squadra vista nelle due vittorie contro Pro Vercelli e Perugia, non è questa una squadra che può pensare ai play-off visto che non riesce a vincere, neanche in 10 contro 11, sul campo di una concorrente.
I biancazzurri non soffrono mai, davvero, la superiorità numerica seguente all’espulsione di Pasquato. I rossazzurri, d’altro canto, non riescono mai a sfruttare l’ampiezza di campo per fare valere l’uomo in più. Appaiono con meno gamba rispetto agli avversari (che partono in contropiede), con meno idee a centrocampo (costretti a una infinità di retro-passaggi), con meno alternative in attacco (come centravanti il Pescara inserisce Sansovini, il Catania Barsic).
L’ottimismo obbligato di Marcolin, soddisfatto sia della prestazione offerta dai suoi contro il Crotone sia della continuità mantenuta con quel pareggio, s’infrange quando al 92esimo Sansovini (che Baroni pesca dalla panchina) trova la rete che punisce le colpe e i vizi del Catania, mentre esalta la caparbietà e la compattezza del Pescara. Il gol mancato pochi minuti prima da Martinho è un appiglio che non pareggia né i meriti né il numero delle occasioni avute dal Pescara. Baroni salva la panchina e s’avvicina ai play-off. Il Catania resta in piena zona retrocessione. Parlare di serie A diventa sempre più difficile e pericoloso se la squadra non riuscirà a mettersi in fretta in zona salvezza.
A fine gara, l’allenatore del Catania, Dario Marcolin, dà la sua impressione: «Pensavo che la mia squadra sarebbe riuscita a vincere. La partita stava andando proprio come l’avevo immaginata in funzione dei cambi che ho effettuato nel secondo tempo. Volevo sfruttare gli spazi che il Pescara c’avrebbe lasciato, per stanchezza, come effetto dell’uomo in meno. Tanto che il pallone favorevole per il vantaggio, potenzialmente decisivo a pochi minuti dal termine, è capitato proprio sui piedi di un giocatore subentrato, Martinho. A segnare però è stato Sansovini e così il risultato cambia il volto d’una gara di cui altrimenti avremmo parlato in tutt’altra maniera. Alla mia squadra rimprovero solo di essere mancata in cattiveria al momento di concludere in porta».
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