«Avete preso il culo di un maschio e lo avete messo come logo». L’idea del tema del Pride 2015 di Catania – L’io, il corpo e l’eros organizzato dal comitato territoriale Arcigay QueeRevolution Catania e dall’associazione Queer as Unict – nasce da commenti scandalizzati come questo. Per l’edizione 2014 la locandina della manifestazione dell’orgoglio lgbtqi aveva per protagonista la stilizzazione di una delle statue della fontana dell’Amenano, scelta sulla quale fin da subito si è scatenato un fitto dibattito che ha fatto emergere le diverse anime che compongono la comunità etnea e non solo.
«La battaglia si consuma sui corpi», spiega durante la conferenza stampa di presentazione Alessandro Motta, presidente del comitato. «Invece di andare avanti, di prendere atto di una realtà, una parte della comunità è ancora vittima di moralismo, di perbenismo». A lui fa eco Dario Accolla, scrittore e autore di un blog nel quale si firma Elfo bruno. «Siamo un movimento che deve tranquillizzare i vari Adinolfi e Binetti o lottare per la liberazione dei corpi?», si chiede. «Siamo soggetti di identità sessuali. Un’identità libera e che deve essere celebrata», sottolinea ripercorrendo anche i temi trattati nel documento politico di quest’anno di cui è uno degli autori.
«Si avverte un certo disagio nella nostra comunità», afferma Giovanni Caloggero, consigliere nazionale di Arcigay. «Esiste un segmento rimasto più retrogrado rispetto alla realtà – continua – Ma i cittadini sono più avanti del nostro movimento». Il tentativo di rassicurazione in atto rischia di tradire anche le radici della stessa storia del movimento. «Stonewall (il locale statunitense dal quale nel 1969 sono partiti i moti che hanno dato vita al processo di liberazione omosessuale, ndr) era uno squallidissmo bar. A lanciare la bottiglia che causò tutto fu una travestita – racconta – E quel movimento lo dobbiamo a tutto questo, non a un circolo socratico».
Il legame tra la manifestazione e la città viene sottolineato da Matteo Iannitti, di Catania bene comune, che durante la manifestazione sarà tra i curatori di una tavola rotonda dal titolo Corpi migranti. «Il Pride e il movimento lgbtqi sono un inno all’uguaglianza e alla libertà – spiega – Se pretendo la mia libertà, non posso io stesso discriminare». Da qui la decisione di conciliare il tema con l’emergenza migratoria che coinvolge direttamente anche Catania. «Come pretendiamo diritti per noi, li pretendiamo per il resto del mondo».
Riprendere il contatto con la società, dunque. Anche attraverso simboli in un certo senso queer, bizzarri e autoironici, come Pippo il Puppo, un peluche diventato presto sui social network – e non solo – la mascotte del Pride di Catania. «Ha una capacità comunicativa più efficace di tutti i contorcimenti intellettuali che sentiamo ogni giorno», conclude con semplicità Caloggero.
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