«Catania è una città strana, dove lavoratori che rischiano il posto, lo hanno perso, o che non ricevono da mesi lo stipendio non si fanno sentire e si disinteressano». Le parole di Salvatore Torregrossa, responsabile provinciale della sezione lavoro del partito dei Comunisti italiani-Federazione della sinistra, quasi fanno eco in piazza Stesicoro, sede dell’incontro Lavorare ci piace, l’iniziativa organizzata dal suo partito insieme alla Federazione giovanile comunisti italiani.
A parlare dovevano essere principalmente i lavoratori. Erano stati invitati i 504 dipendenti della Wind-Jet, per cui si prospetta la cassa integrazione, i 180 della Elco, a casa da quasi un anno senza essere stati formalmente licenziati, i 240 della Fastweb ceduti ad un’azienda di cui non si conosce l’affidabilità, e più di 600 lavoratrici delle cooperative socioassistenziali che assistono anziani e disabili in convenzione con il Comune e che da ottobre non ricevono lo stipendio. La piazza doveva essere stracolma e invece c’erano una trentina di persone e tra di loro solo tre lavoratori delle aziende e delle coop nei guai.
Una è Chiara Falsaperla, l’ex assistente di volo Wind Jet che aveva denunciato, anche sulle pagine del nostro giornale, di essere stata licenziata dalla low cost del patron del Calcio Catania Antonino Pulvirenti in seguito all’incidente che ha visto coinvolto un velivolo della compagnia allaeroporto di Palermo nel settembre del 2010. Mentre parallelamente l’azienda continuava ad organizzare corsi a pagamento per formare nuove hostess. «Lo sapevo che non si sarebbe fatto vedere nessuno dei miei ex colleghi. Io non ho nulla da perdere, loro invece sono terrorizzati», dichiara. Con alcuni ha mantenuto i contatti e sa che vivono tra la paura e la speranza. «Paura di esporsi e speranza che, se stanno zitti, possono avere la possibilità di essere tra quelli assorbiti da Alitalia», dice Chiara, che all’epoca della sua denuncia era stata anche criticata da alcuni colleghi. Lei è l’unica che ha deciso di portare in tribunale la compagnia aerea etnea. La prima udienza si terrà a novembre. «So che non posso aspettarmi molto – confessa – visto che con l’acquisizione anche il mio avvocato mi ha detto che il posto di lavoro me lo posso scordare, ma quello che voglio è comunque far valere un mio diritto».
Con lei c’è Roberto Patti, un altro ex lavoratore Wind Jet, licenziato un mese prima della scadenza del periodo di prova del suo contratto a tempo indeterminato. «L’ultimo mese ci hanno fatto un check, un volo di controllo per vedere come lavoravamo – racconta – dopo che per cinque mesi ci avevano affidato la sicurezza di tantissimi passeggeri». I giudizi che sono venuti fuori, a detta di Roberto, erano ridicoli: «Il mio diceva che ero poco sorridente, quello di una mia collega che aveva le unghia lunghe. Li abbiamo sottoscritti come ci hanno chiesto, ma non sapevamo che stavamo firmando il nostro licenziamento». Dice di averlo compreso solo dopo, «come ho capito che i circa dieci dipendenti stagionali assunti un mese prima della nostra dipartita servivano a rimpiazzarci», denuncia.
Chiara e Roberto sono in piazza perché hanno voglia di raccontare le loro storie, ma capiscono i timori di chi è ancora dipendente della low cost. «Lavorando in un’azienda dove le cose le vieni a sapere dai giornali e dove solo un anno fa era perfino vietato pronunciare la parola sindacato, è normale che non vogliano esporsi», dice la ex hostess. Il loro timore è lo stesso hanno le colleghe di Rita D’Amico, operatrice del comparto socioassistenziale con lo stipendio fermo da ottobre per via dei mancati pagamenti alle cooperative sociali da parte del comune di Catania.
Sono in più di 600, ma Rita in piazza è sola. «Abbiamo fatto una proposta provocatoria al Sindaco – dice – Che lui e la sua giunta rinuncino a loro stipendio per permettere che vengano pagati i nostri, di importo certamente più basso». Ma non si aspetta molto da chi «aggredisce le giornaliste che gli fanno domande legittime», dice. Anche se Rita, cinquantenne con tre figli che di mestiere assiste i disabili, quando il primo cittadino etneo Raffaele Stancanelli ha aggredito la giornalista Antonella Gurrieri di Rai3 non era a protestare con le sue colleghe in piazza Duomo. Era a lavorare. «Perché noi – spiega – nonostante tutto non abbandoniamo il posto di lavoro e, diversamente dal Comune, non facciamo pagare i nostri problemi ai più deboli». Da quando ha iniziato a lavorare, 12 anni fa, le sue ore sono passate da 40 a 18 settimanali e a pagare queste scelte secondo lei sono i disabili che così ricevono meno assistenza. Rammaricata di essere sola all’incontro, denuncia anche l’atteggiamento della Cgil: «I sindacalisti sono troppo morbidi con chi viola il nostro diritto di percepire uno stipendio per il lavoro che svolgiamo», afferma. E soprattutto rimprovera i suoi concittadini. «Dove sono i lavoratori catanesi?», si chiede. «È vergognoso. La nostra è una città che dorme da troppo tempo», è la sua risposta.
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