Un vero e proprio viaggio indietro nel tempo ripercorrendo la storia del Palazzo Reale fino all’epoca dei re Normanni, per esplorare e scoprire la cultura di periodo fondamentale nella nostro passato. Si tratta della mostra Castrum Superius, inaugurata poco prima dell’estate e visitabile fino al 10 gennaio 2020. Promossa dalla Fondazione Federico II, è stata allestita con la collaborazione dell’architetto Stefano Biondo, direttore del centro regionale per la progettazione e il restauro, nonché di Sergio Alessandro, direttore generale dei Beni Culturali e dell’identità siciliana.
Nata da una idea di Patrizia Monterosso, direttrice della fondazione stessa. Castrum Superius è una manifestazione culturale che ha potuto prendere vita grazie alla stretta collaborazione di musei, enti religiosi, dell’Università degli studi di Palermo e dell’Accademia di Belle Arti del capoluogo siciliano, con la Regione Sicilia e sotto la regia della Fondazione stessa. Si tratta di un percorso scientifico e didattico la cui architettura postmoderna, al servizio del fruitore, è stata affidata a Fabrizio Agnello. Sua è infatti la costruzione dell’area multimediale della mostra, dove la tecnologia si piega alla cultura permettendo ai visitatori di osservare una ricostruzione virtuale del soffitto “Muqarnas” della Cappella Palatina, permettendo di esplorare dettagli della struttura lignea superiore non visibili agli astanti posti nella navata centrale.
Una meraviglia architettonica e artistica, quella del soffitto Muqarnas di origine araba, ammirabile anche dal vivo grazie ad una minuziosa ricostruzione tridimensionale del soffitto, realizzata in Abete dei Nebroni, posto su una superficie retroilluminata per sottolineare ogni dettaglio della minuziosa realizzazione. Il professore Luca Pulvirenti, per l’Accademia di Palermo, si è occupato della realizzazione dell’installazione virtuale relativa ai rilievi 3D sul pavimento della Cappella Palatina, le cui scansioni per la ricostruzione digitale sono state effettuate durante i lavori di restauro terminati nel 2008.
In questo viaggio alla scoperta del nostro passato, ci accompagna lo storico dell’arte Giovan Battista Scaduto, «grazie alla sinergia tra la Fondazione ed i Beni Culturali, è stato possibile realizzare un allestimento che, propone perfino una nuova lettura iconografica del candelabro Pasquale della Cappella Palatina», ci racconta l’esperto mostrandoci come passato e presente si fondano all’interno della Sala del Duca di Montalto, area del Palazzo Reale in cui è stata allestita la mostra.
«L’idea base è l’approfondimento proprio del palazzo reale normanno per migliorare e completare la fruizione da parte del pubblico ampliando l’offerta culturale con uno sguardo sull’archeologia medioevale. Un modo per stimolare turisti e curiosi a visitare anche gli altri siti relativi al periodo storico, interessando il fruitore alla cultura in cui rientra il percorso Arabo-Normano tutelato dall’Unesco. L’intera mostra vuole essere un approfondimento sulla storia dei Normanni ed il loro arrivo in Sicilia, puntando l’attenzione soprattutto sul periodo della “Contea”, antecedente al 1130 e quindi all’incoronazione di Ruggero II», illustra Scaduto guidandoci attraverso i molti reperti esposti alla mostra.
«Palermo era una sorta di Gerusalemme, in possesso di un grande sincretismo culturale, manifestato, ad esempio, nel conio di monete con scritte in lingue diverse sulle due facce, come per esempio quelle in Greco e Arabo presenti alla mostra», racconta il nostro anfitrione lasciando poi la parola al professor Giovanni Travagliato, docente di storia dell’arte medievale presso l’Università degli studi di Palermo, che ci illustra come la Palermo normanna fosse «un luogo di sincretismo culturale e multilinguismo, nel quale cultura Islamica, Bizantina e Latina convivevano anche grazie all’assimilazione degli elementi architettonici sull’arte dei mosaici», afferma mostrandoci proprio le monete con scritte in greco e arabo di cui entrambe le nostre guida ci hanno parlato, indicandoci altresì come scopo della mostra sia integrare e valorizzare i beni archeologici già presenti sul territorio regionale.
«In questa mostra sono presenti sigilli, monete e frammenti architettonici e documenti scritti in varie lingue, tesori non inediti, raccolti però questa volta secondo una nuova costruzione del percorso museale, inquadrando monili e suppellettili anche come materiale realizzato presso la Noblis Officinae, o Ergaterion o Tiraz. Luogo nel quale, all’interno dell’edificio, venivano prodotti oggetti preziosi ad uso della corte o per impieghi diplomatici», prosegue il docente mostrandoci la maestosa ed evocativa replica del mantello di Re Ruggero. L’originale di questo prezioso oggetto d’arte si trova a Vienna, portato lì da Enrico VI, insieme con altri paramenti regali normanni, utilizzati successivamente da tutti gli imperatori del Sacro Romano Impero, così come dai regnanti Asburgo fino alla loro caduta. Un oggetto che testimonia l’ambizione di Ruggero nel diventare “il re di tutti” assimilando la propria figura al divino seguendo il concetto bizantino di Basileus.
«L’allestimento è un cammino attraverso l’epoca Normanna, con una cura minuziosa del percorso didattico sviluppato usando la tecnologia per approfondire la tecnica costruttiva e pittorica dell’epoca, si tratta di un sentiero di approfondimento offerto ai visitatori», ci racconta Patrizia Monterosso intervenendo sul lavoro compiuto. «Abbiamo iniziato con un approfondimento sul palazzo reale perché il turista non è un semplice viandante, è un cittadino che merita un approfondimento, per questo motivo abbiamo pensato che tutto ciò che si trova dentro il palazzo vada restituito contestualizzato storicamente e culturalmente. La mostra si inquadra in questo sistema di approfondimento, un approccio creato dal nostro team di lavoro», conclude la direttrice illustrando come Castrum Superius rappresenti un punto iniziale all’interno di un percorso che la Fondazione Federico II intende sviluppare nei prossimi anni, attraverso nuovi eventi e manifestazioni culturali.
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