Castello Ursino, da Oxford per studiare le epigrafi In esposizione grazie all’alternanza scuola-lavoro

Parole scolpite nella pietra che tornano a trasmettere emozioni. Trentacinque incisioni, tratte dalle collezioni epigrafiche del Castello Ursino, rispolverate, catalogate e messe in mostra, con il titolo Voci di pietra, grazie a un progetto di alternanza scuola-lavoro che ha coinvolto gli studenti del Liceo artistico statale Lazzaro, il Comune di Catania, l’università di Oxford e il Consiglio nazionale delle ricerche. Tre sale, riservate alla mostra, in cui si ritrovano le voci della città antica, custodite nella pietra, e dove è possibile ammirare esempi di iscrizioni ufficiali pubbliche della Catania romana e di epitaffi funebri della parte pagana, cristiana ed ebraica. Lingue, avvenimenti storici, istituzioni pubbliche, strutture familiari, credenze e pratiche onomastiche impresse volutamente sulla pietra per produrre un testo permanente, spesso pubblicamente visibile. «Questo progetto è stato portato avanti dai ragazzi di terzo e quarto anno e ha coinvolto otto classi – spiega Donata Musumeci, insegnante di Progettazione e referente dell’alternanza scuola-lavoro del Liceo Lazzaro -. Le epigrafi non raccontano solo la storia di personaggi illustri ma anche quella della gente comune. Per questo motivo abbiamo offerto ai visitatori una doppia chiave di lettura, per comprendere le opere esposte: quella narrativa, destinata ai giovani e al fruitore medio, presentata come narrazione di fatti vissuti e quella scientifica, destinata agli esperti». 

La raccolta epigrafica del Museo civico è costituita principalmente da due collezioni settecentesche catanesi: quella dei Benedettini di San Nicolò l’Arena e quella di Ignazio Paternò Biscari, provenienti da contesti siciliani e catanesi in particolare, oltre alle epigrafi giunte da raccolte minori, dagli scavi ottocenteschi e novecenteschi o dagli acquisti effettuati, soprattutto nei mercati antiquari di Roma, dal priore benedettino Placido Scammacca, zio del principe di Biscari. «Una delle principali collezioni epigrafiche presenti in Sicilia, con cinquecento opere, è posseduta dal Castello Ursino – spiega Jonathan Prag, professore di Ancient history all’università di Oxford -. In questo progetto, che è stato finanziato dall’università inglese con diecimila sterline, io ho messo a disposizione degli studenti le mie competenze e loro hanno svolto tutto il lavoro, dai disegni ai video, dai pannelli informativi fino a uno spazio destinato ai non vedenti. Sto lavorando personalmente alla creazione di un database on line, per allestire una mostra virtuale di tutte le epigrafi su pietra della Sicilia antica, che sono più di tremila». 

Un numero che testimonia una scelta culturale da parte di diversi popoli di incidere un testo sulla pietra. Dagli epitaffi funerari, che rappresentano le iscrizioni più comuni, circa il settanta per cento dell’epigrafia greca e romana, ad altri documenti come leggi, trattati, iscrizioni onorarie e scritture di privati. Le prime iscrizioni greche si trovano in Sicilia nel 600 a.C., circa un secolo dopo l’arrivo dei primi coloni nell’Isola, e forniscono un’importante testimonianza del greco antico. Invece le prime iscrizioni latine appaiono nel III secolo a. C., contemporaneamente alla conquista romana, durante le guerre puniche. Dall’antica Catania provengono più di quattrocento iscrizioni su pietra, circa il dieci per cento del totale della Sicilia. Opere che oggi vengono studiate anche con il supporto delle nuove tecnologie, per renderle fruibili a un pubblico sempre più vasto, in modo da facilitare l’utente nell’interazione con i suoi contenuti. «Attraverso i siti web abbiamo la possibilità di visualizzare le opere arricchite di informazioni particolarmente estese, più di quelle che avremmo direttamente – spiega Rino Falcone, direttore dell’istituto scienze e tecnologie della cognizione del Cnr -. Con le nuove tecnologie abbiamo la possibilità di profilare alcune modalità di utenza, magari distinguendole tra informazioni specifiche o generiche». 

«Le epigrafi avevano molte funzioni – conclude Falcone – dal racconto delle infrastrutture che venivano costruite, all’aspetto normativo o all’onoreficenza di grandi personaggi. Sulla base di quello che le persone vogliono vedere, è possibile fornire all’utente percorsi informativi e di visita on line differenziati tra di loro». «Questo progetto, di cui il Comune di Catania è capofila – spiega Orazio Licandro, assessore ai Saperi e alla Bellezza condivisa – è iniziato nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro e si è esteso a istituzioni prestigiose creando uno scenario inedito».

Salvo Caniglia

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