«Siamo un Comune in dissesto. Non ho nessuna risorsa per fare alcun tipo di demolizione: non posso anticipare le somme, vedremo se possono farlo lo Stato o la Regione, se ci pensano loro io poi posso firmare tutti gli atti amministrativi necessari. Se qualcuno ci vuole aiutare ci aiuti, in ogni caso vedremo come fare perché i sindaci devono trovare una soluzione». Giovanni Di Giacinto è diventato all’improvviso il sindaco più noto d’Italia. Il Comune che guida da cinque mesi, Casteldaccia, è sulle prime pagine dei giornali dopo l’esondazione del fiume Milicia che ha spazzato via nove vite. E l’amarezza del suo commento, resa ancor più netta dalla voce stanca – dovuta agli intensi giorni che lo hanno visto sui luoghi della tragedia – si deve al fatto che quella casa, sugli argini del fiume, non doveva proprio starci.
La casa, quella casa, continuava a essere affittata. Mentre pendeva su di essa un’ordinanza di demolizione. Dopo la tragedia e il dolore – domani i funerali delle nove vittime alla Cattedrale di Palermo – ora è il tempo delle domande. Sin da subito, in realtà, ci si è chiesti come fosse stato consentito costruire proprio a ridosso della foce sul mare, a metà tra i Comuni di Casteldaccia e Altavilla Milicia. L’abitazione era edificata in una zona R4, cioè ad altissimo rischio idrogeologico. E avrebbe dovuto essere abbattuta da tempo. Dieci anni fa il Comune di Casteldaccia aveva firmato un ordine di demolizione dell’abitazione. Ma sulle responsabilità della mancata esecuzione lo scontro tra Comune e Tar è andato in onda in diretta tv.
A Non è l’arena, su la7, Di Giacinto ha dichiarato che l’abbattimento «non si è mai potuto eseguire perché i proprietari avevano fatto ricorso al Tar. E per quanto ci risulta, i giudici non hanno deciso». Ma il primo cittadino è stato smentito poco dopo, e di nuovo questa mattina, dall’ufficio stampa del tribunale amministrativo regionale. Un fatto certamente inusuale. Il tribunale ha voluto innanzitutto «respingere fermamente quel che è un maldestro tentativo dell’amministrazione comunale di scaricare la responsabilità di quanto è accaduto sulla pendenza di detto ricorso». E ha poi ricordato che nel 2011 aveva dichiarato estinto il processo per mancanza di attività delle parti. Ma al Comune non era mai arrivata questa comunicazione perché all’epoca non si era costituito in giudizio. L’ordinanza di demolizione avrebbe potuto essere eseguito in questi sette anni.
«Per quel che riguarda l’ufficio tecnico del Comune fino a ieri sera il ricorso era pendente – ribadisce il primo cittadino – A noi non era stata fatta una notifica da parte di nessuno. Comprendo che la legge prevede che non si faccia notifica, questa è la prassi, anzi questa è la legge ma non la condividiamo. Non sapevamo che si potesse agire in questo modo. Ritengo che se un procedimento è decaduto vada comunicato, a prescindere. Questa mattina ho comunque richiesto al Tar la copia ufficiale del provvedimento».
Intanto poco fa il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci ha effettuato un sopralluogo nella zona di Casteldaccia che attualmente è sotto sequestro da parte della procura di Termini Imerese. I giudici infatti stanno indagando sulle cause che hanno portato alla morte di nove persone, tra cui due bambini, sorpresi nella sera di sabato dall’acqua e dal fango. Proprio a ridosso della statale 113 e dell’autostrada A19, dove il fango ha inghiottito ogni cosa.
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