«Il ricorso era per illegittimità e il fatto che ci sia stato un pronunciamento della Corte di Cassazione in questo senso mi sembra molto importante nei confronti di un accanimento politico contro di me». Commenta così a MeridioNews l’attivista Luca Casarini, membro del direttivo nazionale di Sinistra italiana. Il Tribunale di Sorveglianza di Venezia aveva disposto per lui tre mesi di arresti domiciliari con divieto assoluto di comunicazione con l’accusa di aver indebitamente occupato nel 2005 una casa sfitta da anni per un progetto di autorecupero: «Tutto perché ho lottato per il diritto alla casa», continua Casarini, che ne aveva chiesto l’affidamento – poi negato – ai servizi sociali, nell’ottica di un progetto a favore dei migranti, con la comunità della Chiesa Valdese del capoluogo siciliano. La richiesta era stata anche oggetto di un appello firmato nel capoluogo da esponenti del mondo della cultura, dell’università e della politica. La misura cautelare era stata poi sospesa nel luglio scorso. Adesso viene definitivamente annullata.
La notizia è arrivata dai legali di Casarini, avvocati Giuseppe Romano del foro di Treviso e Fabio Lanfranca del foro di Palermo. I giudici della Suprema Corte – secondo una nota diffusa oggi da Sinistra italiana – hanno così accolto il ricorso presentato da Casarini contro la decisione del Tribunale di Venezia che aveva provocato il suo arresto nel maggio dello scorso anno. Il ricorso si basava su «violazione, falsa applicazione di legge, lacunosità, contraddittorietà della motivazione» contenuta dall’ordine di arresto e dal non accoglimento della richiesta di affidamento. «Era stata una sentenza politica e la Cassazione l’ha riconosciuto accogliendone l’illegittimità – dice l’attivista – Si tratta sicuramente di una piccola goccia nel mare nel nostro Paese, dove, mentre io commento questa sentenza, alcuni cittadini inermi vengono bastonati in Salento perché con i loro sindaci e consiglieri regionali cercano di difendere un bene comune secolare come degli ulivi. Una vergogna».
Vergogna alla quale, secondo lui, ormai gli italiani in generale sono sempre più abituati: «Si salvano sempre gli interessi dei potenti e si colpiscono invece i cittadini», ribadisce. La sua vicenda, però, si è conclusa positivamente: «Questa qui è sicuramente una battaglia vinta, grazie anche ai tanti che si sono mobilitati e hanno pubblicamente manifestato un’indignazione». Erano oltre mille, infatti, i palermitani che l’estate scorsa si erano spesi in prima persona contro il provvedimento che lo colpiva: dall’attivista Lgbt Massimo Milani alla regista Emma Dante. E ancora, lo scrittore Davide Enia e gli assessori Giusto Catania e Barbara Evola. «Il loro impegno ha avuto un peso in questa decisione finale, è sempre così in materia di violazione dei diritti – dice Casarini – Siccome viviamo in un Paese in cui ormai violazioni di questo tipo sono all’ordine del giorno, spesso ci abituiamo a questa situazione, invece la forza di un’indignazione popolare è sempre grande e non bisogna dimenticarlo».
Le manifestazioni, ne è convinto Casarini, ormai è permesso farle solo se sono di gradimento alla classe politica di turno, «bisogna riprendersi i diritti fondamentali e basta», dice. E aggiunge: «I divieti e le violazioni iniziano sempre da qualcosa che non ci riguarda, ma poi in realtà prima o poi riguarderanno tutti, per cui battersi per i diritti degli altri è importante nella misura in cui significa battersi anche per i propri. In questo senso trova il suo significato il fatto di aver riconosciuto che un Tribunale non possa a piacimento fare il bello e il cattivo tempo, compiendo qualcosa di illegale».
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