«Perché non hanno fatto un’assemblea pubblica? L’incontro di oggi riguarda tutti i cittadini considerato che è dei loro soldi che si discute». Con queste parole Pasqualino Cacciola, uno degli organizzatori della contestazione targata Catania bene comune e Officina rebelde, commenta la tappa catanese della Cassa depositi e prestiti (Cdp), presso gli uffici della provincia di Catania. La tappa di oggi è l’ultima di una tournée che ha visto i manager dell’ente presentare agli amministratori di molti comuni italiani le modalità di richiesta e di accesso ai finanziamenti per immobili pubblici.
La Cassa si occupa in particolare della gestione del risparmio postale – conti correnti di lavoratori e pensionati – e dal 2003 è stata privatizzata, trasformata in società per azioni e consegnata alle fondazioni bancarie dopo essere stata, per circa 150 anni, pubblica e protagonista di finanziamenti agli enti locali. L’ente offre agli amministratori territoriali la propria consulenza professionale in relazione alla gestione del patrimonio pubblico. Scarsa è stata, tuttavia, la partecipazione delle figure amministrative della provincia etnea.
Fabio Maisto, manager di Cdp, ne precisa le finalità: «La Cassa si occupa dell’agibilità, della valorizzazione e della fruizione degli immobili. Non affermiamo con certezza che vendere il patrimonio locale sia la soluzione alla crisi e al mancato utilizzo delle strutture – continua Maisto – ma solo una possibilità. Nonostante questo è chiaro che abbiamo l’obbligo di mettere certi valori in bilancio».
I membri di Catania bene comune si sono presentati alla sede provinciale di via Nuovaluce con striscioni provocatori e volantini. Questi ultimi puntualmente distribuiti ai pochi partecipanti alla conferenza. Gli striscioni che sono stati affissi all’ingresso della sede di Tremestieri etneo ammoniscono: «La crisi arricchisce gli strozzini», «Scassa la cassa: case e asili per i bambini».
«L’amministrazione comunale, tramite le parole del sindaco Enzo Bianco, ha annunciato che per i catanesi si preparano anni difficili, con aumento delle tasse, licenziamenti, privatizzazione e vendita del patrimonio catanese», afferma Pasqualino Cacciola. «Noi crediamo si tratti piuttosto di una svendita. Lo scopo della Cdp, oggi, è di consigliare agli enti locali il modo migliore di vendere i beni, e quindi di fare cassa – prosegue – Ci viene chiesto di rinunciare ai nostri diritti e ai nostri servizi ma di pagare più tasse, e ciò è inammissibile».
Tanto che Catania bene comune, tramite un comunicato stampa, sostiene che i fondi del risparmio postale, gestiti dalla Cdp, dovrebbero essere messi a disposizione degli enti comunali. Per una «riappropriazione sociale dei beni comuni, allargamento del welfare e riconversione ecologica dell’agricoltura e dell’industria».
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