Vuole essere reintegrato nel suo ruolo di redattore capo dell’ufficio stampa del Comune di Catania e ricevere un risarcimento danni non ancora quantificato, ma che dovrebbe aggirarsi intorno ai 200mila euro. Da quasi quattro anni, nonostante sia il suo lavoro, il giornalista Sebastiano Molino non si occupa più della comunicazione per conto di Palazzo degli elefanti. Da quando, cioè, è stato eletto l’attuale primo cittadino ed è cominciata la polemica politica sui due consulenti personali che lo affiancano dall’inizio del suo mandato: i giornalisti Giuseppe Lazzaro Danzuso e Giovanni Iozzia. Il primo addetto stampa dell’Asec trade, il secondo recentemente nominato portavoce del sindaco metropolitano. La questione è arrivata al tribunale del Lavoro, dove la giudice Caterina Musumeci ha sentito le due parti in causa (Nuccio Molino, difeso dall’avvocato Sergio Cosentino, e l’amministrazione comunale, che si è costituita in giudizio all’ultimo momento utile, rappresentata dal legale Rosario Russo) e scelto, nonostante al richiesta dell’avvocato Cosentino, di non convocare in aula il sindaco Bianco. La prossima udienza è fissata per il 15 giugno.
Quello che Nuccio Molino, nelle sue memorie difensive, chiama il «calvario» inizia a metà 2013. Dopo un periodo di aspettativa per andare a lavorare alla ex provincia di Catania, chiamato da Raffaele Lombardo, Molino è tornato a lavorare a Palazzo degli elefanti e ha partecipato ai concorsi interni per migliorare la sua posizione. Cosa che la passata amministrazione gli riconosce: nel 2011 diventa titolare di «alta professionalità» in Comune, nella sua qualità di capo dell’ufficio stampa istituzionale. È all’«apice della sua carriera» quando Raffaele Stancanelli viene sconfitto alle elezioni comunali dall’attuale sindaco Enzo Bianco. Nella sua ricostruzione, Molino racconta di essere stato invitato a chiedere un periodo di ferie pochi minuti dopo l’elezione del sindaco, «per fare decantare la nuova situazione». Cosa che effettivamente sceglie di fare.
A luglio del 2013, però, Molino viene trasferito alla direzione Sport, per via di quelle che il provvedimento comunale di spostamento chiama «esigenze legate allo sviluppo della comunicazione nell’ambito delle politiche sportive, cui l’amministrazione attribuisce rilevante importanza». Il nuovo ufficio di Molino si trova allo stadio Angelo Massimino, a Cibali, ben lontano da quel Palazzo degli elefanti in cui fino ad allora era stato il braccio destro di Stancanelli. Di lì a poco, nel racconto del dipendente comunale, ci sono il cambio della serratura del vecchio ufficio, la rimozione dalla mailing list dell’ufficio stampa e la sostituzione delle password di accesso al sistema di invio delle comunicazioni ai giornalisti. Sebbene, almeno formalmente, Molino ne fosse ancora il responsabile. «Signora giudice, in questo contesto lavorativo mi hanno ridotto a un parassita – dice Molino in aula – Allo Sport non ho mai avuto nessun compito da svolgere. Ogni tanto ho firmato le ferie dei miei colleghi, e poco altro. Ho chiesto all’amministrazione in più di una lettera formale di affidarmi degli incarichi. Cosa che però non è mai avvenuta». Finché, a settembre 2014, Sebastiano Molino decide di rivolgersi a un avvocato. E dopo una diffida arriva la prima risposta.
«Un’altra beffa», la definisce. A novembre di quell’anno viene trasferito all’Ufficio relazioni con il pubblico, nella stessa area di competenza dell’ufficio stampa. L’Urp dell’amministrazione ha avuto per anni sede a Palazzo degli elefanti, ma da poco era stato trasferito in piazza Matteotti. Dove Nuccio Molino prende posto in un soppalco sul quale l’ufficio Prevenzione e sicurezza formula un lungo elenco di contestazioni. Alla richiesta di trasferimento, però, l’amministrazione risponde a Molino di non avergli affidato nessuna specifica postazione. Se, quindi, avesse voluto trasferirsi dal soppalco a un qualunque altro punto dell’Ufficio relazioni con il pubblico avrebbe potuto farlo. Un altro motivo, l’ultimo in ordine cronologico, per giustificare quei danni alla professionalità, biologici, d’immagine e morali lamentati dal giornalista. «Quello di cui ci si lamenta è la mancanza di un ruolo quasi di natura politico/istituzionale di cui si godeva in precedenza», risponde il Comune di Catania nelle sue memorie difensive, definendo il ricorso «infondato e inammissibile». Del resto, precisa l’avvocato dell’amministrazione, gli stipendi sono sempre stati pagati e di danni economici il giornalista Molino non ne avrebbe subiti. «Io sono assunto e pagato per fare il giornalista e non me lo fanno fare da quattro anni – dice Nuccio Molino alla giudice – Mi occupo del nulla unito al niente. Sono psicologicamente devastato. E, pensi, sono pure ingrassato».
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