Risarcire allo Stato i danni patrimoniali e d’immagine. Questa la richiesta avanzata dall’avvocatura dello Stato, rappresentata dal legale Giuseppe La Spina, al processo che si celebra a Caltanissetta sul presunto cerchio magico contestato all’ex presidente delle Misure di prevenzione Silvana Saguto e ai suoi presunti sodali. «Devo evidenziare – dice subito l’avvocato, appena iniziata la sua arringa – che non si è manifestata la benché minima resipiscenza negli imputati, non è nemmeno apparsa momentaneamente nell’orizzonte volitivo e conoscitivo», manifestando rammarico per quella mancata consapevolezza, a suo dire, degli errori e al conseguente mancato ravvedimento di tutti i protagonisti coinvolti nel processo.
«Su certe affermazioni – torna a dire più avanti – deve stendersi un velo pietoso». Si aggancia spesso, durante la sua arringa, ad alcuni passaggi della requisitoria dei pubblici ministeri Claudia Pasciuti e Maurizio Bonaccorso, articolata davanti alla corte per ben dieci udienze. Come già sottolineato dai pm, in seguito a questi fatti «c’è stato un venir meno della fiducia della popolazione nei confronti della magistratura. La giurisdizione è un servizio – precisa l’avvocato La Spina -, l’attuazione dell’ordinamento non è fine a se stesso. Se si perseguono fini personali lo Stato ha fallito. La vicenda di Andrea Repoli efficacemente citata dal pm nel finale della requisitoria* è l’emblema di un esercizio della giurisdizione che è stato sviato dalla sua naturale funzione. La giurisdizione in questo modo non diventa attuazione del diritto ma un mezzo per comprimere il diritto, per comprimere i diritti fondamentali della persona, perché utilizzata per fini che sono propri, del magistrato o dei suoi sodali».
Una sintesi veloce, la sua, che si articola nello spazio di appena venti minuti. Tanto basta all’avvocato La Spina per spiegare le ragioni a fondamento della richiesta di risarcimenti per i danni patrimoniali, «di cui si vede l’inizio e non si riesce ancora a vedere la fine», e per quelli all’immagine, «derivante dalla lesione dovuta a una funzione esercitata per fini che non le sono propri». Un discorso che vale per la presidenza del Consiglio, il Ministero della Giustizia e l’Agenzia nazionale per i beni confiscati. «Se c’è stato un esborso non dovuto legittimato attivo per recuperare queste somme è il ministero della Giustizia – insiste il legale più avanti -. Insistiamo per il risarcimento dei danni anche non patrimoniali derivanti dal patema d’animo e dallo strepitio sociale che è derivato nella popolazione, specie quella che vive in Sicilia, in relazione di questa non corretta gestione dei patrimoni confiscati. In questo processo è stato dimostrato che l’esercizio della giurisdizione si è tradotto in un uso distorto della funzione giurisdizionale in violazione delle norme costituzionali e in una lesione dei diritti dei soggetti coinvolti dalle misure di prevenzione. Si tratta del primo processo dove alle amministrazioni giudiziarie è stata data la possibilità di avvalersi dell’avvocatura dello Stato».
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