Caso Saguto, i compensi gonfiati del marito «Solo per lui mensilità quasi raddoppiate»

«Sono stato uno dei primi che ha recepito qualcosa, non appena sono iniziate a uscire fuori le prime notizie di stampa». Erano le avvisaglie iniziali, quelle lette sui giornali, per l’amministratore finanziario Stefano Buscemi, sentito questa mattina a Caltanissetta, dove si sta celebrando il processo a carico della giudice Silvana Saguto, imputata insieme ad altri quindici, fra parenti ed ex colleghi, per la presunta gestione illecita dei beni confiscati alla mafia, mentre era presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo. Sotto la lente della corte, questa mattina, il ruolo del marito della giudice, Lorenzo Caramma, all’interno del cosiddetto cerchio magico e i compensi gonfiati e gli stipendi a volte raddoppiati che venivano liquidati nei suoi confronti.

L’ingegnere Caramma, addetto alla manutenzione dei mezzi nella gestione del gruppo Buttitta e dell’omonima cava, amministrata dall’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, avrebbe avuto, rispetto ad altri coadiutori, una posizione privilegiata. Avrebbe continuato a ricevere regolarmente il suo compenso, infatti, per l’attività svolta malgrado l’azienda in questione attraversasse all’epoca un periodo di crisi e lo stesso Cappellano Seminara avesse proposto di dare la precedenza agli stipendi dei fornitori. «I pagamenti non avevano una cadenza sempre mensile – spiega il teste -. Si era deciso di posticipare quelli dei funzionari più presenti, tra amministratori e ingegneri, dando la precedenza ai fornitori. Insomma si dirottarono alcune fatture e pagamenti perché c’erano altre scadenze più stringenti».

Caramma però è tra i pochi fortunati che, pur non essendo un fornitore, beneficiava regolarmente di retribuzioni ai servizi resi. E gli «errori di duplicazione», come li chiama il teste alludendo ai doppi stipendi percepiti nel 2015, era difficile in teoria non notarli: «Il funzionario addetto preparava le fatture sulla base dei documenti pervenuti, il passaggio ultimo, da procedura, prevedeva un controllo da parte dei coadiutori amministrativi e poi la firma finale dell’avvocato Cappellano Seminara – spiega Buscemi -. Non pagavamo fatture senza che vi fossero controlli da parte di noi tecnici, c’erano una serie di verifiche di merito che miravano ad accertare se ogni acquisto pagato fosse effettivamente avvenuto e in che quantità».

I conti che non tornano però sono parecchi, già a partire dagli anni precedenti. «Per questo incarico Caramma avrebbe dovuto percepire un compenso di duemila euro al mese nel 2012. Ma questo è stato quasi raddoppiato, un provvedimento che riguardò solo lui e nessun altro», racconta prima di Buscemi un altro teste, Fidel Carollo, sentito dalla corte in qualità di addetto alla contabilità del gruppo Buttitta. «Lui sosteneva di avere delle necessità impellenti», specifica ancora il teste, a fronte della proposta di Cappellano Seminara di posticipare alcune retribuzioni. 

Silvia Buffa

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