Caso S, chiesta la protezione umanitaria «Lui minaccia seriamente di suicidarsi»

«Lui minaccia seriamente di suicidarsi». Lo studente di origini marocchine rinchiuso dal 13 aprile nel Cie di Caltanissetta sta sempre peggio, lo dice Marco Farina di HRYO-Human Right Youth Organization, che segue la vicenda dalle primissime battute. Il giovane adesso ha chiesto protezione umanitaria al Governo italiano. Solo pochi giorni fa il giudice di pace del Tribunale di Palermo ha rigettato il ricorso contro la sua espulsione presentato dall’avvocata Ilenia Grottadaurea. Espulsione e rimpatrio decisa dal Ministero in seguito alla denuncia dell’Università per l’episodio accaduto alla mensa del Santi Romano: lo studente, in preda a una crisi, è salito su un tavolo agitando il telefono che teneva in mano e provocando il panico fra i ragazzi presenti. Alla denuncia per procurato allarme è seguita anche la decisione da parte dell’Ersu di sospendere la borsa di studio del ragazzo, che in questo modo ha perso di colpo ogni beneficio.

Malgrado abbia da subito deciso di riprendere il proprio percorso terapeutico, oggi si trova ancora rinchiuso e privato di questa possibilità. A poco sono serviti gli sforzi di volontari, organizzazioni umanitarie e semplici cittadini: i sit-in, le proteste, le manifestazioni, le richieste sono rimaste finora inascoltate, malgrado la vicenda sia andata oltre Palermo. Rimane recluso nel Cie. Le sue condizioni di salute peggiorano di giorno in giorno. «Si stanno provando diverse strade legali per rallentare la possibilità di espatrio – dice ancora Farina – E speriamo di risolvere un minimo». Si cerca soprattutto di tirarlo fuori dal Centro nisseno, per permettergli intanto di riprendere le cure: «Stiamo lavorando su questo, ma non è legalmente facile», spiega. Si attende, quindi, l’udienza con la Commissione territoriale per valutare la domanda, che sarà fissata nei prossimi giorni.

«Purtroppo per gli episodi che lo interessano si attivano i meccanismi di espulsione che coincidono con quelli destinati agli immigrati irregolari», spiega a MeridioNews l’avvocato immigrazionista Fabio Bognanni. «Siccome poi diventa un percorso di tipo amministrativo e non di tipo giurisdizionale, perché è successivo alla pronuncia di un giudice, tutto quello che segue assume questa natura ed è univoco, nel senso che viene applicato sia all’irregolare dall’origine sia a chi poi, malgrado la regolarità, deve essere espulso per delle ragioni considerate dallo Stato italiano», aggiunge, precisando comunque che «questo tipo di percorso gode delle garanzie che qualunque soggetto, sia cittadino che non, ha in Italia, cioè quelle garanzie difensive che la legge prevede».

Intanto, i ragazzi che hanno aderito al movimento #Slibero e che ormai da tre settimane si battone perché venga garantito allo studente il diritto alla salute, continuano ad aggiornare le pagine social dedicate alla vicenda. «Rimane a letto la maggior parte del tempo, ma non riesce comunque a dormire – scrivono – Si alza solo per i pasti, comunica a stento, alterna momenti di sconforto a momenti di ingiustificata euforia. Ma soprattutto convive quaotidianamente con la paura di un rimpatrio coatto e improvviso». In Marocco infatti non ha nessuno, la sua vita si è svolta a Palermo negli ultimi anni. Qui il ragazzo si è diplomato all’industriale Vittorio Emanuele III e poi si è iscritto alla facoltà di Economia, iniziando anche un’esperienza come volontario e mediatore culturale. «In Marocco la mia vita è finita», continuerebbe a ripetere il giovane.

Silvia Buffa

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