Nuovo interrogatorio per Pino Maniaci: il direttore di Telejato accusato di estorsione ai danni dei sindaci di Partinico e Borgetto e dell’ex assessore Gioacchino Polizzi, è stato sentito oggi a Palermo. «Ho avuto modo di vedere che il gip Aiello è un giudice a cui piace ascoltare e ho voluto rispondere a tutte le sue domande, come già avevo fatto in precedenza», sono i primissimi commenti di Maniaci all’uscita dal Palazzo di giustizia. «Devo dire con molta franchezza che quello che mi ha lasciato un po’ stupito è l’aggressività del pubblico ministero nel reiterare quelle accuse di cui, tra l’altro, oggi non si sarebbe neppure dovuto parlare, visto che l’argomento di discussione doveva essere il capo d’imputazione delle magliette, inerente all’ex assessore Gioacchino Polizzi».
Il riferimento è al capo di imputazione 14, quello per cui i pm hanno nuovamente richiesto l’applicazione del divieto di dimora nelle province di Palermo e Trapani, quello cioè secondo cui Maniaci avrebbe costretto l’ex assessore di Borgetto ad acquistare uno stock di magliette, in cambio di una linea più morbida da parte della televisione di Partinico nei confronti delle istituzioni locali. «Addirittura alla Procura risultava che io per tre mesi avevo abitato a Borgetto in una casa facendomi pagare l’affitto da questo ex assessore – continua Maniaci -. Ma io non ho mai abitato lì. L’abitazione esiste ed era esclusivamente per i ragazzi di Telejunior, quindi abbiamo chiarito».
Il direttore di Telejato spiega di aver risposto a tutte le domande. Adesso il giudice avrà a disposizione cinque giorni di tempo per poter valutare e rispondere al divieto di dimora. «Questa volta si deciderà insieme al precedente gip Fernando Sèstito, al quale in precedenza avevamo presentato la domanda per l’annullamento della misura – torna a dire il cronista -. Io voglio essere ottimista e devo dire con molta franchezza che questa è una misura abnorme nei miei riguardi, considerando il fatto che non ci sono prove. Da questo interrogatorio è emerso proprio questo, la Procura non ha nessuna prova, non ha come supportare in un eventuale processo le accuse che mi rivolge».
Pare, inoltre, che sia già pronto il rinvio a giudizio. «L’ho saputo dal pm – dice ancora Maniaci -. Quindi ci sarà un giudice che dovrà pronunciarsi in merito e io devo dire con franchezza che voglio il processo, perché a dibattimento ovviamente si potranno chiarire tutte le accuse. Io ho sempre avuto fiducia nella giustizia e oggi ne ho avuto anche la conferma, anche se molto spesso vengono usati due pesi e due misure e credo che la questione Saguto e l’eventuale sequestro dei suoi beni doveva essere effettuato a tempo debito, e non certo oggi che ha avuto la possibilità di poter occultare eventualmente tanti beni e inquinare tante prove. A me invece non è stata data nessuna possibilità», conclude, alludendo alla notizia di oggi del sequestro dei beni ai danni di Silvana Saguto, ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo.
«L’interrogatorio è andato abbastanza bene, perché abbiamo chiarito una situazione che si è creata piuttosto paradossale, cioè che noi adesso rispondiamo di una misura cautelare che viene data per un titolo di reato che il gip Sèstito ai tempi aveva ritenuto assolutamente insussistente ai fini della misura», aggiunge anche Bartolo Parrino, legale di Maniaci insieme ad Antonio Ingroia. Secondo il difensore non ci sarebbero elementi validi per tenere in piedi la misura.
«Sono sei mesi che Pino Maniaci è libero e non ha mai reiterato nulla, e quindi viene meno l’attualità e la concomitanza di quel presupposto necessario per la misura cautelare – spiega Parrino -. Confidiamo naturalmente nella decisione di questo giudice e nel fatto che la misura venga revocata o sostituita con una misura meno gravosa. Perché una cosa è certa, questa è una misura estremamente umiliante, una sorta di confino che mira soltanto a impedire a Maniaci a svolgere il suo mestiere, costringendolo a stare in una città dove non può mangiare e dormire se non pagando con soldi che non ha e in più gli si impedisce di mandare avanti la sua unica attività, quella di giornalista».
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