«Noi siamo pronti ad andare in Spagna a dire la nostra verità. Abbiamo già tentato di farlo ma c’era stato negato. Adesso finalmente si parla di omicidio e quindi sicuramente partiremo, speriamo che la magistratura spagnola si renda conto dell’errore, che torni indietro e faccia finalmente le indagini per la morte di un ragazzo ammazzato, è lì che bisogna cercare il colpevole». Queste le parole di Pippo Biondo, papà di Mario, il cameraman palermitano trovato morto nel suo appartamento di Madrid il 30 maggio 2013. È un intervento brevissimo ma accorato quello che fa in collegamento col programma di Rai1 La vita in diretta. In questi giorni, infatti, l’attenzione mediatica sul caso si è finalmente sollevata anche da parte delle televisioni e dei giornali spagnoli, soprattutto dopo le dichiarazioni del criminologo di Barcellona Lluis Duque, che ha contattato la famiglia Biondo dopo aver visto le foto del cadavere di Mario, le ha analizzate insieme a tutto il materiale raccolto in questi quattro anni e ha concluso che si possa essere trattato solo di omicidio.
«Un informe forense refuerza la hipótesis de la familia de Mario Biondo: el hombre solo pudo morir asesinado y no con un ahorcamiento accidental como se presuponía en un primer momento», un rapporto forense rafforza l’ipotesi della famiglia, cioè quella secundo cui Mario potrebbe essere stato assassinato e non impiccato accidentalmente come ipotizzato all’inizio, si dice infatti in una trasmissione spagnola trasmessa dopo il sit-in commemorativo davanti al tribunale di Palermo. L’attenzione per questo caso si è riaccesa soprattutto dopo l’articolo pubblicato in esclusiva dalla testata online La Vanguardia, dove è intervenuto proprio Duque per spiegare i motivi a sostegno della tesi dell’omicidio. Parla di «inexcusable la deficiencia operativa», cioè di carenza operativa imperdonabile da parte degli agenti intervenuti sulla scena del crimine e che poi si sono affidati ciecamente alla perizia del medico legale. E ancora «falsificazione della realtà e di documenti pubblici», secondo lui, rispetto alle quali adesso bisognerà intervenire.
La polizia di Madrid ci aveva messo una ventina di giorni a chiudere quello che sin dall’inizio non aveva rappresentato un caso sul quale indagare. Per gli inquirenti spagnoli quel corpo trovato appeso alla libreria di casa in calle Magdalena non mostrava stranezze: Mario Biondo si è suicidato, dicono subito. Ma in Italia, invece, la sua morte prende una direzione diversa e si trasforma in un fascicolo d’indagine per omicidio volontario contro ignoti con l’aggravante della premeditazione. Con la relazione di Duque adesso potrebbe nascere un caso Biondo anche in Spagna. «Quella sera Mario era a casa sua, tranquillo e in pigiama. Poi qualcuno potrebbe essere entrato nel suo appartamento, qualcuno che immagino Mario conoscesse bene e di cui si fidava. Ecco perché il suo aggressore lo ha colto di sorpresa quando lo ha stordito con un oggetto contundente», dice il criminologo ai giornalisti di Rai1, ricostruendo la notte in cui Mario è morto.
«In un primo momento quindi penso sia stato colpito e questo lo dimostra l’ematoma che la botta gli ha provocato sulla testa. Il colpo deve averlo tramortito, e quindi stordito e incosciente era totalmente in balìa di chi poi lo ha strangolato – spiega – Può essere stata usata una corda robusta, un cordino oppure un cavo elettrico, può essere stato qualsiasi elemento flessibile in grado di fare una pressione sufficiente sul collo. Il ritrovamento del suo corpo che pende dalla libreria a noi poliziotti e criminologi che abbiamo esperienza di questo tipo di situazioni fa pensare a una messa in scena: se osserviamo bene le fotografie ci accorgiamo che tutti gli oggetti, anche quelli minuscoli che erano sulla libreria, sono rimasti esattamente dove stavano, non si è mosso nulla, e poi non abbiamo nemmeno un reportage fotografico completo, delle riprese video, manca una descrizione precisa del salone in cui è stato trovato morto. Quando un investigatore o un medico legale commettono un errore, la cosa migliore è riconoscere di aver sbagliato – conclude Duque – l’importante è avere la capacità di rimediare facendo nuove indagini».
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