Casinò di Taormina, Governo e Ars provano a riaprirlo

PRONTO IL DISEGNO DI LEGGE-VOTO PER ROMA. CHE PRONUNCERA’ L’ULTIMA PAROLA SU UNA VICENDA CHE SI TRASCINA DAGLI ANNI ’60. ALTRO ‘SCHIAFFO’ DELLA GIUNTA ALL’ASSEMBLEA: NON SOLO HA CONSEGNATO I DOCUMENTI FINANZIARI CON DUE MESI A MEZZO DI RITARDO (E FORSE, OGGI, ADDIRITTURA, APPORTERA’ NUOVI CAMBIAMENTI NON CONCORDATI CON IL PARLAMENTO…), MA DETTA ANCHE I TEMPI ALLE COMMISSIONI LEGISLATIVE…

Mentre la Giunta di Rosario Crocetta, che dovrebbe riunirsi oggi a Catania anche per provare a mettere un po’ d’ordine tra i non-sensi della ‘bozza’ di Bilancio e Finanziaria 2014 (ma a che gioco sta giocando l’assessore Luca Bianchi?, si chiedono gli osservatori attenti: ‘gioca’ per il governatore Rosario Crocetta o per fargli le scarpe insieme con il PD?), Sala d’Ercole, ieri, ha trovato il tempo per ‘confezionare’ il disegno di legge-voto da sottoporre al Parlamento della Repubblica (articolo 18 dello Statuto) che punta alla riapertura del Casinò di Taormina”.
Governo e Ars rilanciano una questione che si trascina dagli anni ’60 del secolo passato. Quando lo Stato, con la scusa della mafia siciliana che era già a Milano, mise i sigilli al Casinò di Taormina. Una forma di centralismo odiosa e ipocrita, nel nome di un’antimafia di facciata, se è vero che già un decennio dopo, negli anni ’70, lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia descriveva una “Palma” con salde radici al Nord, ovvero una criminalità organizzata che si radicava in tutto il Paese.
Negli anni a seguire il Casinò di Taormina è rimasto chiuso per favorire i quattro Casinò del Nord Italia (e, negli anni ’80, per favorire il Casinò di Malta dove i siciliani ancora oggi si recano). Una forma di colonialismo tipico della finta antimafia di un Paese dove le stragi sono quasi tutte di Stato, ma dove lo Stato la mafia la ‘combatte’ tenendo chiuso il Casinò di Taormina.
La lunga storia di quest’ingiustizia di un’Italia tutta storta ricorda un’altra tappa nel 2001, quando Berlusconi, nel “Contratto con gl’italiani” inserisce anche l’apertura del Casinò di Taormina. Poi, una volta al Governo, il Cavaliere ci ripensa. E blocca tutto sempre con la solita scusa: in Sicilia c’è la mafia (mentre nella sua ‘Milano’ la mafia non c’è…).
Oggi il Governo regionale di Rosario Crocetta e l’Ars ci provano con una legge-voto. Che dovrà passare da Roma. Chissà, magari è la volta buona, visto che al Ministero degli Interni siede il siciliano Angelino Alfano. Magari Crocetta e Alfano, oggi alleati (in realtà, sono alleati da oltre un anno), che finora hanno fatto solo danni, riusciranno a fare la prima cosa utile per la Sicilia. Chissà.   

Ieri, oltre al Casinò di Taormina, Sala d’Ercole ha discusso ed approvato gli articoli 1, 2, 3 e 4 con relativi emendamenti del disegno di legge “Norme in materia di IRFIS – FinSicilia spa (Modifiche alla legge regionale 21 dicembre 1973, n. 50” (n. 566/A-Stralcio I).
Il Parlamento siciliano ha anche approvato l’ordine del giorno con il quale si autorizza la promulgazione, senza le parti impugnate, della legge sull’editoria (ne parliamo in altra parte del giornale). Rinviato il seguito della discussione del disegno di legge “Promozione della ricerca scientifica in ambito sanitario”. Questo perché l’assessore per la Salute, Lucia Borsellino, ha fatto sapere di non poter essere presente in Aula.

Ieri si è riunita anche la conferenza dei capigruppo. Per stilare un calendario dei lavori che sembra piuttosto ottimistico. Oggi Sala d’Ercole tornerà a riunirsi per completare l’esame dei disegni di legge già incardinati e per le relative votazioni finali.
Lunedì 23 dicembre 2013 sarà iscritto all’ordine del giorno dell’Aula il Dpef (Documento di programmazione economica e finanziaria): un adempimento inutile che fa solo perdere tempo, se è vero che questo Documento – che dovrebbe guidare il Governo e l’Ars nella redazione della legge di stabilità (Bilancio e Finanziaria) dovrebbe essere discusso e approvato prima e non contestualmente a Bilancio e Finanziaria! Detto questo, l’Ars dovrebbe togliersi dalle ‘scatole’ quest’inutile Dpef lunedì, tanto per ottemperare a una vacua formalità.
Ieri, intanto le Commissioni legislative dovrebbero aver iniziato – ognuna per la parte che gli compete – l’esame di Bilancio e Finanziaria. Altro passaggio anomalo, se è vero che oggi, a Catania, il Governo potrebbe varare una nuova versione della Finanziaria: ciò significherebbe che la versione consegnata ieri alle Commissioni legislative è già vecchia.
Se – e il “se”, lo ribadiamo, è d’obbligo – il Governo, oggi, dovesse cambiare la Finanziaria, si tratterà di un altro ‘sgarbo’ istituzionale della Giunta nei confronti del Parlamento siciliano e, in particolare, delle Commissioni legislative, alle quali avrebbe rifilato un testo inutile.
Non possiamo non registrare un’altra anomalia, questa volta ‘a cura’ della conferenza dei capigruppo. Che ieri ha scriteriatamente posto dei termini perentori alle Commissioni legislative dell’Ars in ordine all’esame dei documenti finanziari.
Spiace scrivere queste cose, ma dobbiamo ricordare che i termini perentori, già per definizione ‘indigesti’ nell’attività parlamentare, nel caso della manovra economica hanno un senso solo se i deputati hanno avuto almeno un mese di tempo per esaminare i documenti finanziari. Ma il Governo ha consegnato appena ieri Bilancio e Finanziaria: con la possibilità, già accennata, che oggi la Giunta apporti mutamenti alla stessa Finanziaria.
Con quale faccia la conferenza dei capigruppo impone alle Commissioni di merito di esprimere “i pareri di competenza entro il 21 dicembre 2013” non riusciamo proprio a capirlo!
Addirittura ridicolo appare il termine perentorio assegnato alla Commissione Bilancio e Finanze che dovrebbe concludere i lavori entro il 26 dicembre 2013″. Completamente fuori luogo la precisazione secondo la quale l’Aula “avvierà l’esame dei disegni di legge Finanziaria e Bilancio il 27 dicembre, per concluderli entro il 31 dicembre 2013”.
Insomma, una conferenza dei capigruppo ‘inginocchiata’ al cospetto di un Governo che porta all’Ars la manovra con due mesi e mezzo di ritardo e poi vuole fare tutto di corsa. Complimenti ‘vivissimi’ ai presidenti delle Commissioni parlamentari che non hanno trovato nulla da dire…

La conferenza dei capigruppo di ieri ha certificato, poi, che le nove Province regionali non sono state abolite: sono stati aboliti solo gli organi elettivi per ridurre gli spazi di democrazia, come chiedono gli scristianizzanti massoni che si sono impossessati dell’Unione europea.
Di conseguenza – come il nostro giornale ha anticipato nei primi mesi di qust’anno – non ci sarà nessuna applicazione dell’articolo 15 dello Statuto e non ci saranno le tre città metropolitane-pescecane (Palermo, Catania e Messina che avrebbero dovuto risanare i propri bilanci a spese dei piccoli Comuni: una ‘buttanata’ per fortuna abortita sul nascere). Ci sarà soltanto la proroga dei Commissari straordinari delle nove Province che dovranno fare i salti mortali per pagare il personale.

 

 

 

 

 

Redazione

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