CasaPound Catania denunciata per la violazione di una legge del periodo fascista. Sembra un paradosso, ma è l’ultima puntata dell’annunciato presidio dei militanti di estrema destra nei centri sanitari etnei. La settimana scorsa era stato un comunicato a firma del responsabile territoriale Pierluigi Reale a informare della volontà di procedere a «presidi notturni di osservazione e sostegno silenzioso a tutela degli operatori» e a salvaguardia degli ospedali e delle guardie mediche del Catanese. Promettevano di cominciare dal Vittorio Emanuele, spesso al centro delle cronache per le aggressioni a medici e personale, dove la voce di questo sostegno – non richiesto e irrealizzabile, secondo i vertici dell’ospedale – sembra non avere nemmeno girato nei corridoi. In ogni caso, domenica notte le prove generali sono state svolte davanti alle guardie mediche di Gravina di Catania e Trecastagni. Con poca affluenza di utenti, raccontano gli stessi militanti in un video, e in un caso conclusasi con l’arrivo di una macchina dei carabinieri. Ma solo per «normale controllo del territorio», garantiscono dall’Arma. Anche se c’è chi invece ipotizza un reato.
È Riccardo Orioles, giornalista de I siciliani giovani ad aver dato mandato al suo legale, Goffredo D’Antona, di denunciare Reale, in quanto rappresentante di CasaPound Catania, per violazione di alcuni articoli del Tulps, un regio decreto datato 1931 secondo il quale «senza licenza del prefetto è vietato ad enti o privati di prestare opere di vigilanza o custodia». Per gli organizzatori – che hanno diffuso su Fb un video del primo presidio, domenica notte, con tre persone in pettorina arancione e logo con la tartaruga – si tratta di «osservare in silenzio il normale svolgimento del lavoro» dei presidi sanitari. Non un’attività «da vigilantes», precisano nel video, ma persone pronte a «telefonare per tempo alle forze dell’ordine» in caso di necessità. Un compito comunque delicato se gli stessi militanti prevedono, per i volontari che vogliono unirsi al presidio, «un corso con regole di ingaggio e comportamento». Per Orioles, si tratterebbe solo di un giro di parole per descrivere «un servizio di vigilanza abusivo privato», che darebbe spazio a «soggetti non autorizzati a garantire l’ordine e la sicurezza, contribuendo ad alimentare la paura e l’insicurezza».
E qualunque sarà il percorso della denuncia, a porre un problema di legittimità del presidio di CasaPound Catania sono anche i vertici del Vittorio Emanuele. Ma solo se interrogati sul punto, perché in ospedale la notizia degli annunciati presidi di sostegno sembra non essere neanche arrivata. E suscita innanzitutto sorpresa. «Nelle strutture pubbliche non si può fare», è la risposta di Rosalba Quattrocchi, della direzione sanitaria. La dottoressa prescinde dalla questione politica e spiega: «Fosse anche un’associazione di volontariato, l’attività andrebbe prima concordata con il primario del reparto, formalizzata con una richiesta ufficiale all’azienda sanitaria e coordinata all’interno di un accordo per capire chi sono questi estranei che stanno dentro l’ospedale».
Proprio per motivi di sicurezza: dei pazienti, del personale e degli stessi aderenti al presidio, che potrebbero anche solo scivolare in un corridoio. Di tutti questi adempimenti, allo stato, non ne risulta nessuno. Nemmeno un passaggio informale con Giuseppe Carpinteri, primario del pronto soccorso del Vittorio Emanuele: «A me non è arrivata nessuna richiesta e in ogni caso in un luogo di cura non è possibile organizzare alcun presidio o manifestazione senza autorizzazione». Documento che andrebbe indirizzato al direttore generale dell’ospedale – funzione svolta al momento dal direttore amministrativo Giampiero Bonaccorsi, dopo il ritiro a maggio di Paolo Cantaro – sulla cui scrivania pare non sia mai arrivato nulla di simile.
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